L’Appennino e la Val Borbera. Intervista a Cristina Raddavero



Cristina Raddavero, classe 1971 è laureata in Filosofia a Genova. Amante della scrittura, collabora con l’Associazione dictamundi. E’ critico letterario e scrittrice presso l’editore Puntoacapo di Pasturana (Al), il suo ultimo romanzo è edito da Audax Editrice di Moggio Udinese in provincia di Udine.

Bibliografia di Cristina Raddavero

Con quattro libri all’attivo, Cristina Raddavero è una delle scrittrici più prolifiche dell’Appennino ligure/piemontese.

Cristina Raddavero 2010, Il vento dell’Antola, Puntoacapo editore, Pasturana (Alessandria);

Cristina Raddavero 2012, Sotto le piante. A due passi da una vita fa, Puntoacapo editore, Pasturana (Alessandria);

Cristina Raddavero 2013, La prossima luna, Collana Le Impronte Puntoacapo editore, Pasturana (Alessandria);

Cristina Raddavero 2010, Autra da chi, Audax editrice, Moggio Udinese (Udine).

TORTONA OGGI intervista Cristina Raddavero

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1) Ciao Cristina. Ci vuoi parlare un po’ di te? Abiti in Val Borbera ma ti senti molto legata alla Liguria e a Genova dove hai studiato.

R) Le mie radici affondano nella Val Bobera dove ho sempre abitato: prima a Cabella Ligure, oggi a Vignole Borbera. Ci tengo subito a dirti però che avendo avuto una nonna dell’entroterra di Imperia, una parte di me è legatissima a quella parte di Liguria di montaliana memoria…insomma il “meriggiare pallido e assorto sopra un rovente muro d’orto”. E Genova, sì, dove ad incidere sono stati gli anni all’università, facoltà Filosofia di cui ho il destino di essere innamorata…qui è Kant a farla da padrone, ma veniamo a noi.

2) Tu descrivi la val Borbera nei tuoi libri, ne hai all’attivo ormai quattro. Racconti un passato recente in cui i borghi montani sono stati abbandonati a favore di una vita più comoda, forse più malinconica e frustrante ma certo meno faticosa.

R) E’ vero, quasi non ci credo neppure io e, invece, all’attivo quattro libri della, con, sulla Val Borbera… dentro e fuori, con squarci che la solcano o se ne distaccano per gettare uno sguardo su contenuti universali, ma che da lì sgorgano. Penso che il territorio sia linfa per lo scrittore, sempre. Faccio fatica, personalmente, a concepire una scrittura che, in qualche modo, non traghetti per la terra d’origine. Guarda, prendi Niccolò Ammaniti con “Il momento è delicato“, leggi le prime righe e visualizzi Roma con i suoi colori, profumi, l’aria che si incastra dentro er colosseo e i romani de Roma; prendi David Grossman e leggi “Che tu sia per me il coltello” e capisci subito che senza Gerusalemme non avrebbe potuto mai scrivere il libro; ma sono solo esempi, Susanna Tamaro con il suo Friuli, Cesare Pavese con le sue Langhe…

Quando cominciai a scrivere “Il vento dell’Antola” avevo appena finito di leggere “La leggenda dei monti naviganti” di Paolo Rumiz. Il passaporto per l’Appennino, lo chiamo così, se non la hai mai letto, fallo!! Già, l’Appennino, gli Appennini. Come sono diversi dalle Alpi aguzze, visibilissime nella nudità del loro essere roccia. L’Appennino? Arcano, ricoperto di boschi, abitato oggi di meno, ieri di più, fonte perenne di vita. E così tra una pagina e l’altra de “Il vento dell’Antola” ove lo scheletro del romanzo era dato dall’effetto imbuto del grande sviluppo economico degli anni ’50 che sancì lo spopolamento dei moltissimi borghi montani, maturavo l’idea di un altro racconto che depositasse nero su bianco il patrimonio linguistico del dialetto dell’Oltregiogo mutabile da paese a paese, ma pur riconducibile a un mondo di suoni simili. Il problema, però, è che questi suoni stanno correndo il grave pericolo non tanto di finire nel dimenticatoio, ma di non trovare più voci che li facciano sentire.

3) Un libro che forse esce un po’ dal percorso è “La prossima Luna“, in  quel libro ad essere protagonista è la tecnologia.

R) “La prossima luna” è un racconto per ragazzi ambientato a Piuzzo, Rifugio Pineta. E’ una passeggiata nei boschi che ancora una volta raccoglie i passi di undici giovani che grazie alla figura di un professore un po’ particolare, li porta a una riflessione sull’uso dei social, sulla Nautra, sull’importanza della comunicazione. Il mondo virtuale fa ormai parte di noi, ma non deve essere noi.

4) “Autra da chi“, la tua ultima fatica, va oltre, cattura il tempo. Un tempo che, osservandolo bene, si scopre essere rimasto fermo da secoli. Secondo te: come questa apparente debolezza potrà essere un punto di forza per il rilancio della val Borbera e della montagna in genere? (Oppure il processo è irreversibile: opporsi è solo un ulteriore vano tentativo di fermare il tempo).

R) Bellissima la tua espressione “catturare il tempo”: questa meravigliosa categoria di cui nessuno di noi, in fondo, conosce davvero la sostanza. In “Autra da chi” ho sentito l’esigenza di andare “oltre” questa dimensione che ci lega le mani: passato, presente, futuro. Forse esiste un solo tempo dentro cui l’uomo continua a muoversi. Letto da questa prospettiva il romanzo allora diventa uno spaccato universale in cui irrompe la storia fatta di corsi e ricorsi.

In riferimento al rilancio della Valle e/o al suo languire. La Valle Borbera resta un’oasi, un luogo magico e fascinoso, i crinali dei nostri monti sanno, indubbiamente raccontare ancora tante storie, l’importante è avere orecchie per sentirle: questo è, a mio avviso, già un ottimo modo per farla vivere.

Il libro Autra da chi” sarà presentato dalla sua autrice Cristina Raddavero sabato 16 aprile 2016 alla Librerià Namastè di Tortona (Al) e il 23 aprile 2016 alla Libreria Le Nuvole di Fossano (Cn).

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