Montebore, il formaggio di Leonardo da Vinci

Il territorio tortonese rappresenta un vero e proprio scrigno di eccellenze enogastronomiche e culturali, come ad esempio il formaggio Montebore, che porta con sé una storia millenaria.

Un’eccellenza enogastronomica del tortonese

Formaggio Montebore, un'eccellenza dei colli tortonesi
Il formaggio Montebore fotografato alla fiera del Gas di Tortona

Il territorio tortonese, con le sue splendide colline e le sue valli, rappresenta un vero e proprio scrigno di eccellenze enogastronomiche e culturali. Pochi territori ne racchiudono così tante in così poco spazio. Oggi parliamo del formaggio Montebore che è un degno frutto di questa terra e che porta con sé una storia millenaria.

Ed è proprio la sua storia che stupisce sempre le persone che la sentono raccontare per la prima volta.

Le origini del Montebore

Secondo alcune fonti, già fra il IX ed il X secolo si hanno le prime tracce dell’esistenza di questo formaggio, forse introdotto in zona dai monaci benedettini che si erano insediati nei pressi del monte Giarolo. Questo monte dell’Appennino ligure-piemontese, che fa da spartiacque alle valli Grue, Curone e Borbera è il riferimento geografico del territorio dove questo incredibile formaggio ancora oggi viene prodotto.

La caratteristica forma “a castellino” che si ottiene sovrapponendo 3 o più robiole di diametro decrescente simboleggiava, secondo alcuni, la torre di un antichissimo fortilizio che oggi non esiste più, ma che allora si ergeva a difesa dei territori immediatamente circostanti.

Questa versione storica suggerisce l’evidenza che questo formaggio sia sempre stato  prodotto in questa suggestiva forma.

Successivamente (nel XII secolo) si ha notizia di un ricco tortonese che per ottenere “l’avanzamento” di un suo nipote sacerdote nella carriera ecclesiastica, inviò 50 forme di Montebore ad un alto prelato romano.

Tuttavia è nel 1489 che le notizie sul Montebore si fanno più attendibili.

Il Montebore alla corte del Duca di Milano

Il 23 gennaio del 1489, infatti, si tenne a Tortona il banchetto di nozze tra Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona. Il corteo nuziale in arrivo da Napoli si fermò a Tortona, dove il vescovo Giacomo Botta celebrò il rito nuziale per dar modo a Isabella di entrare a Milano già nel ruolo di Duchessa. Alla funzione seguì il famoso banchetto allestito al Castello del Conte Bergonzio Botta, tesoriere e personaggio di spicco alla corte di Milano.

Cerimoniere di eccezione fu il grande Maestro Leonardo da Vinci che ebbe da Ludovico il Moro l’ incarico di realizzare “non un semplice, per quanto opulento, banchetto, ma qualche cosa di più, qualcosa di mai visto prima, un trionfo non solo di vivande, ma anche di musica e di poesia”. Si diede così vita al più sfarzoso banchetto di fine Quattrocento che servì come riferimento per i successivi banchetti in tutta Europa e fu il preludio della festa del Paradiso dell’anno successivo al Castello Sforzesco di Milano.

Per la prima volta nella storia le portate furono servite in tempi successivi, anziché essere ammassate all’inizio della festa. Ogni portata, accompagnata da canti, musiche, balli e poesie, fu preceduta da un carro allegorico ispirato al tema mitologico-celebrativo scelto a seconda delle vivande.

Alcuni storici sostengono che la forma del Montebore sia proprio la rappresentazione di una torta nuziale che qualcuno, forse proprio Leonardo, aveva ideato e successivamente commissionato ai produttori del nobile latticino.

A questo punto tuttavia un fatto ci appare certo: sia nel caso che la forma del Montebore abbia origine antichissima, oppure nel caso sia stata ideata “soltanto” nel 1489, questo formaggio costituiva un’eccellenza fra le eccellenze del territorio tortonese, già molto prima di quell’anno.

Dopo questa data non si ha notizia di eventi storici che riguardano il nostro gioiello “dell’Appennino Tortonese”, ma è facile supporre che il Montebore sia lentamente ritornato ad essere un prodotto di nicchia e il raggio della sua fama si sia ridotto nel tempo.

La riscoperta del Montebore

Spesso ciò avviene quando un’eccellenza della cultura contadina, tipica di un dato territorio, in determinate epoche comincia ad essere prodotta solamente da poche famiglie che se ne tramandano gelosamente la ricetta per potersi garantire una sorta di esclusiva; un viatico per la sopravvivenza del proprio clan familiare, in un tempo nel quale si era persa la memoria dell’antica gloria di quel prodotto.

Questa ipotesi spiegherebbe il motivo per cui questa gioia del palato sia stata prodotta con continuità (anche se non in quantità) fino agli anni ‘70 del secondo dopoguerra. Da questo momento in poi, lo spopolamento del territorio e l’abbandono delle locali attività di pastorizia e casearie ha fatto sì che la produzione del Montebore cessasse del tutto.

Ma quando la memoria di un prodotto è, perlomeno nel suo territorio di origine, così viva e indelebile, può accadere che qualcuno comprenda che si è sul punto di perdere per sempre un’eccellenza gastronomica di grande valore, e si decida ad agire per evitare il peggio.

Il Montebore oggi

E fu così che alla fine degli anni ’90 nacque un Presidio che ritrovò la sig.ra Carolina Bracco, ultima persona che aveva prodotto il Montebore, e custode dell’antica ricetta.

Roberto Grattone l’ha seguita passo passo, imparando poco per volta i segreti della lavorazione, e tuttora ne è il principale produttore.

Naturalmente non è soltanto la storia del Montebore ad essere eccezionale; la sua bontà non smette, infatti, di conquistare nuovi sostenitori.

La ricetta del Montebore

Il Montebore è un formaggio prodotto con latte vaccino e ovino; ma quest’ultimo, nonostante sia presente solamente al 30%, riesce a predominare in termini di sapore e profumi, conferendo a questo prodotto una spiccata personalità.

Molto di buon grado lasciamo a degustatori più esperti il compito di descrivere la paletta dei sapori e dei profumi che lo caratterizza. A nostro parere, il punto di forza del Montebore è la sua “versatilità gastronomica”.

Infatti, nonostante la sua genuinità e la “forza” dei suoi ingredienti lo rendano un formaggio di carattere, il suo sapore, anche nelle versioni più stagionate, non risulta eccessivamente forte o piccante.

Le stagionature del Montebore

Consumato fresco (circa un mese di stagionatura) è un formaggio gradevolissimo e saporito da tutto pasto, che si adatta in maniera sorprendente ai più svariati abbinamenti.

Nelle sue versioni mediamente stagionate (fino ai 6 mesi di stagionatura) si sposa idealmente con il miele (particolarmente quello di castagno), le marmellate, la “cugnà (tipica marmellata piemontese a base di mosto d’uva, frutta secca e spezie) nelle sue numerose varianti; va particolarmente d’accordo con le noci, con tutta la frutta dolce (uva, fichi, ciliegie), impreziosisce risotti, gnocchi, e altri primi piatti a base di pasta. Oltre i 6 mesi di stagionatura è ottimo per essere grattugiato.

Per un ottimo aperitivo/apericena, o se si ha l’intenzione di lasciare letteralmente a bocca aperta un amico che non sia originario del nostro territorio, “codesto” blog consiglia il cosiddetto “Poker d’assi Tortonese”: qualche spicchio di formaggio Montebore non molto stagionato, alcune fette sottili di “Pane Grosso di Tortona”, alternate ad alcune fettine lunghe e sottili di “Salame Nobile del Giarolo“, annaffiate da un buon bicchiere di Timorasso dei colli Tortonesi… e siamo soltanto all’inizio della scoperta dei tesori di questa meravigliosa terra.

Il presidio Slow Food

Attualmente il formaggio Montebore è un Presidio Slow Food ed è stato riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali come uno dei P.A.T. (Prodotti Agroalimentari Tradizionali), cioè prodotti di nicchia da proteggere e valorizzare, caratterizzati da antichi metodi di produzione, sia nell’agricoltura che nell’allevamento, e diffusi in territori circoscritti.