In una Cascina Montesoro quasi deserta, stando agli standard della cooperativa agricola di Costa Vescovato, si sono festeggiati quarant’anni di attività.
Sabato scorso, con una festa privata, sono stati celebrati i quarant’anni di Valli Unite. Dimenticate le centinaia di giovani e meno giovani che invadono Cascina Montesoro di Costa Vescovato in occasione delle “feste comandate“, tradizionalmente quella di luglio per la mietitura, quella di settembre per la vendemmia e quella del 25 aprile. Le restrizioni del Covid lo hanno impedito. A festeggiare c’erano “solo” poche decine di persone, i 30 soci lavoratori, le loro famiglie e tutti coloro che in quarant’anni sono stati vicini a Valli Unite. Gli amici di sempre, coloro che in qualche modo hanno interagito con la cooperativa, i contadini del “bio” che, in altre zone agricole italiane, hanno portato avanti il sogno comune di “continuare ad essere contadini alla maniera antica“.
La leggenda narra che, al pari delle Lucky Strike, Valli Unite sia nata in seguito ad un incendio, divampato nella stalla di Cascina Montesoro, che vide accorrere contadini da tutte la Valli Tortonesi per spegnere l’incendio e recuperare il bestiame scappato per lo spavento. In seguito a questo episodio Cesare, Enrico e Ottavio decisero di dare il nome di Valli Unite alla Cooperativa che da lì a poco avrebbero costituito. Presto anche Carla si aggiunse al gruppo e Valli Unite prese il via. Era la tarda estate del 1981, appunto, quarant’anni fa.
Oggi Valli Unite è una realtà molto solida, ma non è sempre stato così. I primi tempi sono stati i più duri. Parlare di agricoltura biologica oggi è di moda, ma allora non lo era. In generale era dura per tutti continuare a fare i contadini. Quasi tutti sceglievano di abbandonare la terra e andare a cercare fortuna in città. Tuttavia Cesare, Enrico, Ottavio e Carla superarono i primi momenti e realizzarono il loro sogno. Erano quelli anni in cui la voglia di cambiare il mondo era ancora viva. A Valli Unite in qualche maniera ci sono riusciti. Se non proprio a cambiare il mondo, perlomeno a far si che il mondo non cambiasse loro (citazione dal discorso di Ottavio in calce a codesto umile articolo NdA). Hanno realizzato un modello di agricoltura che oggi è un riferimento per molti. Vanta tre generazioni di soci, i soci fondatori, una seconda generazione di soci, di età intermedia ed addirittura una terza generazione, molto più giovane, che si affaccia oggi alla realtà di Cascina Montesoro e che rappresenta il futuro.
Ma veniamo a noi, la festa di sabato si sviluppava da pranzo a cena, con pomeriggio libero. A pranzo cibi a buffet preparati dalla cucina della Cooperativa si univano ad altri portati dagli ospiti, fantastici i formaggi valdostani che tra l’altro si sposavano benissimo con i vini serviti a tavola: le barbere degli anni dal 2007 al 2009, gli anni che hanno segnato il passaggio dei vini di Valli Unite a vini naturali. A cena antipasto a pane e salame e poi polenta per tutti; vini più giovani, sempre rossi, questa volta dei primi anni Dieci.
Qualche parola si è spesa, durante il pranzo alcuni dei soci hanno preso in mano il microfono, innanzitutto per ricordare chi non c’è più: Cesare innanzitutto, ma sono tantissimi i nomi di coloro che in questi quarant’anni hanno gravitato attorno alla cooperativa ed oggi non sono più tra noi. Dopo un momento di commozione anche Ottavio Rube ha preso la parola e io l’ho registrato, mi è venuto istintivo. Ottavio rappresenta un po’ l’anima di Valli Unite.
Nel pomeriggio le attività erano libere e ne sono state proposte tante: dai filmati di vita di cascina proiettati nella stalla, al foto-set in cui era possibile immortalarsi per uno scatto, dalla possibilità di farsi serigrafare il logo realizzato apposta per la giornata sulla propria maglietta alla “galleria” di foto raccolte tra tutti ed esposte in vari locali della cascina.
I quarant’anni di Valli Unite sono stati anche l’occasione per fare il punto su cosa significhi fare agricoltura biologica oggi, momento storico in cui sempre più spariscono i negozi di prossimità a favore della Grande Distribuzione Organizzata e in cui con agricoltura biologica si intendono ormai diversi tipi di agricoltura, con nomi a volte fantasiosi, che non garantiscono automaticamente la cura per il territorio e per l’ambiente. Nelle intenzioni dei pionieri negli anni Ottanta fare agricoltura biologica passava invece proprio attraverso una attenzione alla questione ambientale e andava oltre toccando anche, inevitabilmente, i temi sociali.
Comunque una sua forma l’agricoltura biologica l’ha presa ed è quella del bio-distretto e, soprattutto, della filiera corta. La materia prima si trasforma e si vende il prodotto finito direttamente sul territorio attraverso i ristoranti e gli agriturismi e gli spacci aziendali. Così si è fatto un po’ ovunque in Piemonte e in Lombardia. Importante anche la formazione. Il passaggio generazionale è evidentemente molto importante, per cui un po’ ovunque si stanno formando nuovi contadini attenti alle problematiche territoriali, ambientali e sociali.
Ad ogni modo il momento di confronto è presto diventato una “rimpatriata” tra amici che ricordano i momenti belli trascorsi insieme a promuovere il biologico. A un certo punto qualcuno posa sul tavolo brioches salate e birra mentre Ottavio si mette a tagliare l’anguria. La festa ricomincia, è quasi ora di cena…
Questo il discorso tenuto da Ottavio a pranzo.
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