Esclusiva – L’area logistica di Tortona è nata vecchia

Un clamoroso errore di progettazione inficia la funzionalità della Green Logistic Area. Nessuno se n’era accorto fino a quando l’admin del blog Tortona Oggi TV non ha fatto personalmente un sopralluogo.

Oggi ho trovato il tempo di andare a fare un sopralluogo alla Green Logistics area di Tortona, uno dei tre nuovi poli logistici recentemente sorti a Tortona. Ho realizzato un video che ho concluso con questo commento: “Bene, ma non benissimo“, vediamo perché.

Sul sito internet della nuova area logistica di Tortona si legge:
Il Tortona Green Logistics Park  è un progetto logistico situato in Piemonte, con una superficie totale superiore ai 300 000 mq.
I due magazzini, con un’area edificabile di circa 153 236 mq, si trovano in un punto logistico strategico tra due autostrade, l’A7 e l’A21.
Il Tortona Green Logistics Park, come tutti i progetti logistici dell’azienda, è stato sviluppato nel rispetto di standard rigorosi di sostenibilità ed efficienza energetica nella catena logistica e nella costruzione per ridurre le emissioni di CO2. Si segnalano in particolare la certificazione di sostenibilità ambientale e l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti.

Per fortuna che è specificato che la definizione “green” sia dovuta all’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni, perché da un esame superficiale sembrerebbe che il mega-polo logistico sia green a causa della vernice verde utilizzata un po’ ovunque su facciate e pavimenti. Sarebbe stato troppo facile.

Ad ogni modo, come ho detto, oggi pomeriggio ho finalmente trovato tempo e modo di farmi un giro per verificare di persona. Devo dire che ci sono andato un po’ prevenuto, lo ammetto. A nessuno sembra aver dato fastidio, ma a me aveva preoccupato non poco la notizia della variante al nostro Piano Regolatore Generale che, nell’aprile dello scorso anno, ha consentito un aumento del 7,41% del consumo di suolo, dando vita a tre nuovi poli logistici come quello da me visitato oggi. Facciamo chiarezza: la variante è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Comunale, quindi non è una questione di chi sia a guidare la Giunta. I politici tortonesi sono tutti d’accordo a cementificare il più possibile la nostra ridente cittadina, che da un lato sogna ad occhi aperti di diventare una meta del turismo out-door che conta, dall’altro si fa un bagno di realtà quando vede colate di cemento da centinaia di migliaia di metri cubi e l’incremento del traffico pesante.

Ormai sui social è una lamentela continua: chi lavora fuori città è costretto ogni giorno a fare i conti con rallentamenti e code, che, in alcuni momenti costringono a tempi di attesa anche di ore per uscire da Tortona e poi per tornarci.

È vero, i nuovi capannoni hanno offerto nuovi posti di lavoro, quindi i pendolari sicuramente si sono ridotti di numero. Tuttavia per sua natura, la logistica, non è in grado di concentrarli, i posti di lavoro, forse neanche di qualificarli, quindi ci si ritrova a cementificare ampie zone di territorio (salvo poi pentirsene la prima volta che piove) per offrire relativamente pochi posti di lavoro. Oggi ho contato un centinaio scarso di mezzi di trasporto; facciamo cifra tonda: diciamo che fossero cento. Proiettiamo questo dato sui tre turni. In tutto fa circa 300 persone, che divise per i 300.000 metri quadrati rubati all’agricoltura fa circa un addetto ogni 1000 mq. Desolante, non vi pare?

Ma veniamo a noi. Alla fine se l’intero consiglio comunale ha deciso che cementificare tre volte 300.000 metri cubi del nostro territorio fosse una scelta vincente, chi sono io per dire che sia una vittoria di Pirro?

Quello che mi ha lasciato basito è invece il modo in cui si è pensato ai servizi che offrono i verdi capannoni. Accipicchia, chi li ha progettati non si è reso conto che i lavoratori della logistica l’auto la usano poco, pochissimo?

A fronte della necessità di circa 20 posti auto sono stati attrezzati centinaia di stalli per il parcheggio. A fronte della necessità di parcheggiare 50 e più biciclette, invece, non è stata predisposta neanche una tettoia! Non dico un gabbiotto chiuso, ma neanche una tettoia, neanche una rastrelliera. Niente. Eppure tra i lavoratori della logistica chi si muove in bicicletta è la stragrande maggioranza. Tutti quei posti-auto non servono. Li puoi “pittare” di blu, di verde, di rosso o di giallo. Sempre vuoti rimangono. Sconcertante.

Se consideriamo le aree già a regime di San Guglielmo e dell’Interporto di Rivalta Scrivia e le tre nuove arre logistiche che saranno a regime molto presto, anche con una stima “spannometrica” sappiamo che le bici in circolazione saranno migliaia al giorno. Questo enorme numero di biciclette dovrà convivere con centinaia di nuovi TIR che graviteranno sui poli logistici. È evidente che il ponte sull* Scrivia è il vero e proprio collo di bottiglia del sotto-sistema logistico che garantisce il collegamento casa-lavoro ai lavoratori della logistica stessa.

Veramente nessuno ha intenzione di fare niente? Io oggi quel ponte l’ho percorso nelle due direzioni e devo dire che chi era alla guida dei mezzi a quattro ruote è stato più che corretto. Mi sono sentito quasi a disagio nel constatare che automobilisti e, soprattutto, camionisti se non c’era spazio non mi hanno sorpassato. Se lo avessero fatto non sarei qui a scrivere questo articolo. Ma questo non è normale.

Forse sarebbe ora di iniziare a prevedere una passerella ciclopedonale su quel ponte. Non dico un collegamento ciclabile sicuro verso i vari poli logistici, non siamo mica in Olanda o in qualunque altro Paese civile, ma almeno una dignitosa soluzione per attraversare l* Scrivia bisognerebbe trovarla. Che a non far niente sono capaci tutti, non c’è bisogno di pagare profumatamente politici, politologi e mega giornalai! [Scusate mi è scappata NdA].

Un giorno poi riprenderemo il discorso sul numero e la qualità di posti di lavoro che si potrebbero creare ogni 1000 metri quadrati di territorio, ma qui non voglio farla troppo lunga. Se è vincente la scelta della Logistica, chi l’ha compiuta dovrebbe avere il buonsenso di portarla a fondo, cucendola con il tessuto socio-culturale della nostra città, ma soprattutto collegandola in una maniera che sia all’onore del Mondo.

cc

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