Ai lavori hanno assistito anche le classi dell’IIS Marconi che partecipano al progetto “Beni Culturali. Il Cuore dell’Umanità”. Articolo di Lucrezia Teti.
Anche quest’anno, grazie all’instancabile lavoro del suo Segretario Nazionale Rocco Diana ed alla disponibilità dell’Amministrazione locale, la Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali sceglie Tortona come sede per il Convegno Internazionale di Studi e la città conferma la propria “vocazione” storica ed artistica aggiungendo un ulteriore importante evento ad un già ricco programma di iniziative culturali. Il tema scelto per questa edizione, svoltasi all’interno del Teatro Civico, uno dei più suggestivi “gioielli” d’architettura tortonese, è stato Fede e Bellezza. I Musei d’arte religiosa.
Venerdì 6 ottobre, alcune classi dell’I.I.S.S. Marconi, che da tempo ha inserito il progetto “Beni Culturali. Il Cuore dell’Umanità” tra le proposte dell’Offerta Formativa, hanno seguito gli interventi della sessione mattutina introdotta dal Presidente della S.I.P.B.C. Mirco Ulandi e preceduta dai saluti del Sindaco di Tortona, prof. Federico Chiodi, a buon titolo orgoglioso del merito riconosciuto alla sua città, dove è stato recentemente inaugurato il Museo Archeologico MaDe, e dell’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte, la dott.ssa Vittoria Poggio, anche lei fiera del continuo ampliarsi della lista di luoghi d’interesse e dei progetti straordinari di coinvolgimento culturale del territorio.
La prof.ssa Donatella Biagi Maino dell’Università di Bologna ha aperto i lavori con una approfondita riflessione sulla ragion d’essere dei musei a carattere religioso: strutture, concepite in origine per la conservazione delle opere d’arte devozionale, ma ora veri e propri luoghi di riflessione e di incontro tra le civiltà di tutto il mondo, o almeno tra alcune di esse. Dei quasi cinquemila luoghi turistici che ospitano capolavori legati alla religione, la maggior parte si riferisce alla tradizione cristiano-cattolica, ma altri, come illustrato a turno dai vari relatori, legati al riconoscimento morale, storico e culturale delle diverse confessioni monoteiste: ortodossa, copta, ebraica o valdese, mentre, purtroppo, non esiste in Italia un museo dedicato all’arte islamica, la quale, al momento, non gode di nessuna protezione di tipo istituzionale. Se nel nostro Paese, scrigno immenso di valori culturali, il museo d’arte religiosa è un fenomeno particolarmente sviluppato è proprio perché, come ha scritto Papa Francesco nel libro La mia idea di Arte, l’impronta artistica del Cristianesimo vuole essere luce e faro, insegnamento ed avvio ad un percorso di conoscenza, di rispetto e mediazione reciproci e, quindi, di Pace.
Le “mancanze” che i musei di tutto il mondo hanno in merito ad alcune culture possono essere colmate – ha spiegato la prof.ssa Maino – anche attraverso il recupero di opere “di scarto”, cui restituire valore se propriamente curate, restaurate e salvate dalla mera monetizzazione collezionistica e commerciale. Per rendere l’arte più accessibile ai popoli e alle culture a cui le opere sono state indebitamente sottratte (si prenda, a fresco e tristissimo esempio, la pulizia etnica/culturale in corso contro gli armeni da parte dell’Azerbaijan), sono così nati i progetti Multaka Oxford: tour guidati dei musei nelle lingue dei rifugiati, e Abuab (‘porte’), finalizzato al dialogo interculturale.
In questo contesto è stata molto apprezzata dai ragazzi la relazione del Ten. Colonnello Giuseppe Marseglia, Comandante del nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (T.P.C.), organismo di polizia unico al mondo e nel mondo intero prioritario con funzione di supporto operativo e formazione delle polizie locali, istituito fin dal 1969 sotto la guida del compianto Gen. Conforti, che, prima ancora degli interventi promossi dall’UNESCO, ha dato il via alla creazione di un’imponente banca-dati delle opere d’arte illecitamente sottratte: un archivio in continuo aggiornamento con più di 8 milioni di file al servizio dell’umanità e del recupero delle sue diverse identità culturali di contro alla criminalità organizzata e al vandalismo fanatico. Come ribadito dal Ten. Col. Marseglia, il concetto di “museo di arte sacra” ha origini relativamente recenti, laddove, in passato, erano invece le stesse comunità locali a tutelare le opere devozionali (rarissimo, se non inconcepibile, pensare a un furto di oggetto sacro, a meno che non fosse un saccheggio ad opera di “non fedeli”). La collaborazione dell’Arma con la CEI e l’apertura dei vari Musei Diocesani ha quindi saldamente rafforzato, anche a livello internazionale, la politica di difesa, recupero e restituzione.
Sono seguiti gli interventi di Alberto Garlandini, Presidente dell’International Council of Museums (I.C.O.M.), Dario Disegni, Presidente della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia e del Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah, e Davide Rosso, Direttore del Centro Culturale Valdese – Museo Storico Valdese. Gli esperti si sono focalizzati sulla nuova definizione di museo fornita da I.C.O.M., che esalta il ruolo sociale di una struttura museale, vista non solo più come “luogo fisico”, ma anche come “segmento temporale” in cui concentrare l’impegno civile e artistico all’accesso ed al coinvolgimento responsabile di tutte le comunità e di tutte le culture, baluardo di un diritto alla cultura che deve essere garanzia universale ed assoluta. Al fine di arrivare a concretizzare quest’ultimo punto, come ha evidenziato il dott. Rosso. occorre studiare la storia della cultura in questione, partendo dalle fonti, sempre nuove, mai uguali, che l’arte ci fornisce. Per il dott. Rosso una migrazione è “uno spostamento di cultura”: adottando questa prospettiva, risulta naturale affermare che ogni popolo abbia diritto alla cultura, in generale, ed alla conservazione della propria, nello specifico.
Eppure, ciò non sembra essere così spontaneo e scontato. Nel corso dei millenni, l’interazione talvolta non sempre lineare fra religione e interessi politici ha arrecato più danni che benefici all’arte, che è dunque chiamata a compensare questi squilibri, creando realtà vitale, bellezza priva di ideologia. Studiando la storia dell’umanità si ha modo di comprendere come la bellezza possa affascinare tanto quanto spaventare chi non è in grado di crearla: non per nulla i Potenti e gli stessi Papi dei secoli passati finanziavano sia l’Inquisizione che l’arte profana e gli artisti per celebrare il proprio potere e distruggere quello degli altri popoli. Roghi di libri, censura e distruzione di opere… da sempre lo stesso Uomo che riesce a creare bellezza eterna è capace di distruggerla come “blasfema”: nell’affannosa ricerca di sé, l’uomo è la sua stessa fortuna, come la sua stessa disgrazia. Questo ci insegna l’arte: homo homini lupus.
Lucrezia TETI
4^ AR Amministrazione, Finanza e Marketing