NEL TORTONESE ARRIVAVANO I VILLEGGIANTI
(integra il post del 2 agosto ‘L’estate dei Tortonesi, un tempo‘)
Tortona riconosciuta ‘città climatica’
Tortona negli anni tra Ottocento e Novecento cercava di presentarsi come località turistica e di soggiorno anche ai forestieri, soprattutto ai Genovesi. Tra il 1860 e il 1870, mentre si avviava un vasto intervento di recupero della collina del Castello, ancora ‘cosparso di rovine’ la nobile Maria Campo Fregoso richiamava il voto di alienare in diversi lotti il forte San Vittorio di proprietà del Municipio “onde ridotto il medesimo a sito di villeggiatura, avrebbe fatto scomparire quei ruderi che tanto contrastano col bello estetico della città…”.
Nè mancarono i tentativi di speculazione edilizia da parte di una società della ricca borghesia cittadina (Bigiorno, Pedenovi, Panizza e Remotti) che chiedeva la cessione dei terreni del forte Vittorio allo scopo di ‘trasformare in eleganti villini il versante sud dei beni del demolito Forte’. ‘Proposta siffatta tradurrebbe in atto un voto ripetutamente espresso dal Consiglio e verrebbe a soddisfare ad un desiderio tante volte manifesto dai cittadini. La continua richiesta fatta dai forestieri per siti di villeggiatura hanno consigliato i ricorrenti ad accingersi ad una intrapresa che contribuirà all’abbellimento della città e sarà di tanto giovamento pei cittadini…..”. Comunque, da allora, il castello cominciò a popolarsi di pregevoli villini, molti dei quali di proprietà di genovesi.
Nella primavera del 1905 la Società di Storia, Economia ed Arte del Tortonese – la Pro Iulia Dertona, allora così ben radicata nel territorio – al fine di attivare il movimento dei villeggianti, apriva, sotto la direzione del proprio segretario Leonardo Schiavi – il figlio del famoso poeta Domenico – un ufficio di informazioni per promuovere e facilitare “gli accordi per locazione di ville e luoghi campestri, e per fornire indicazioni disinteressate e di assoluta fiducia, intorno a spese di soggiorno, pensioni, guide, gite, ecc.” Per questo l’Ufficio informazioni, che operava gratuitamente, nel 1907, pubblicava una guida illustrata, per richiamare l’attenzione sul Tortonese come soggiorno d’estate.
Ma cosa offrivano Tortona e il Tortonese ai turisti ed ai villeggianti? Aria salubre, un clima mite e buone tradizioni gastronomiche. Ed anche qualche opera d’arte. In particolare si raccomandavano due tipi di ‘cure’, la cura del latte e la cura dell’uva. In una cartolina dei primi del Novecento, inviata in Liguria da un paese del Tortonese, la scrivente informava un’amica che stava facendo la cura dell’uva con ottimi vantaggi.
In cosa consistesse tale singolare terapia ce lo spiega la citata “Guida artistica – amministrativa – commerciale di Tortona e circondario”. Prendendo spunto da studi compiuti da medici soprattutto stranieri (in Italia tale cura era ancora poco diffusa), si ricordava come l’uva – o, meglio, il succo d’uva – fosse alimento e farmaco ad un tempo. Inoltre gli zuccheri erano facilmente assimilabili, anche dai diabetici. La cura, con dosi da uno a tre chilogrammi di uva al giorno, in una dieta giudiziosamente mista (carne, latte e farinacei), era efficace nelle forme catarrali croniche dello stomaco e dell’intestino, nella scrofolosi, nelle clorosi e nelle anemie. “E specialmente in quelle malattie capricciosissime che sono la nevrastenia gastrica e la nevrastenia intestinale, – si legge nella citata Guida – La cura dell’uva eseguita a puntino in una stazione climatica, e cioè in unione con il clima, la quiete psichica e il moto muscolare apporta assai spesso la guarigione completa”.
E il Tortonese assicurava le condizioni ambientali ideali. “Le ubertose, amenissime colline che s’elevano a ridosso della città di Tortona, quasi esclusivamente coltivate a vigna sono assai indicate a intraprendere una efficace e razionale cura dell’uva, sia per la svariata e squisita qualità delle uve, sia per il clima dolce, salubre, favorevolissimo.”, precisava ancora la ‘Guida’.
La cura del latte e dell’uva
Per far meglio conoscere l’elevata qualità delle uve del Tortonese, a partire dal 1930, vennero organizzate le ‘feste dell’uva’, sospese allo scoppio della guerra e – ahimè – non più riprese. Si trattava di una importante iniziativa articolata in molte manifestazioni: cori, chioschi e, soprattutto, il corso dei carri vendemmiali: tutti i paesi della collina partecipavano a questa singolare sfilata per le vie cittadine che richiamava una marea di gente. Anzi, vennero organizzati dalle ferrovie dei ‘treni popolari’ che portavano a Tortona migliaia di visitatori.
Non meno raccomandabile nel Tortonese era la cura del latte, per le qualità assolutamente superiori. La dose prevedeva 3 o 4 volte al giorno ad intervalli stabiliti una tazza di latte sburrato (da 60 a 180 gr.): a Tortona si consigliava il latte di Bocchio Luigi (Piazza Roma, 18). Anche per il latte si annunciavano proprietà taumaturgiche: la cura era raccomandata per le affezioni renali ed epatiche, le malattie del cuore, le anomalie della nutrizione in genere, i disturbi gravi del sistema nervoso a fondo isterico e ipocondriaco, inoltre nei casi di dispepsie ostinate, e idropisie di ogni genere…
Il richiamo delle fonti idrominerali
A queste va aggiunta la cura dell’acqua presso le già citate fonti sulfuree, magnesiache e ferruginose di Sardigliano, Castellar Guidobono, Montegioco, Volpedo e Spineto. Nel corso degli Anni Trenta del secolo passato, sotto la direzione del dott. Romagnolo un apposito ambulatorio presso il Civico ospedale assicurava suggerimenti e norme di cura per tutte le nostre fonti medicali e climatiche. Anche il dott. Brizio del Civico Ufficio Sanitario, grazie ai suoi studi sulle nostre stazioni idrominerali era a disposizione per consigli. Non si parla della cura del vino, che forse avrebbe spinto ad abusi, ma è un fatto che anche i nostri vini già godevano di buona fama, sia presso i Genovesi, sia presso gli Svizzeri, che erano grossi importatori, mentre si raccomandano i robiolini di Montebore “famosi ed eccellentissimi”.
Una efficiente rete di trasporti favorisce l’arrivo dei villeggianti
Nella prima metà del Novecento furono compiuti sorprendenti progressi e miglioramenti nelle strutture turistiche e ricettive. Furono aperte strade rotabili e furono inaugurate nuove linee automobilistiche. Al 1922 risale il collegamento diretto, tramite corriera, con Salice per le cure termali (partenza da Tortona alle 7.30 e rientro a Tortona alle 13.00, mentre nei giorni festivi si effettuavano corse supplementari al pomeriggio con rientro alle 23). Erano previste fermate a Castellaro (Fonti Zebedeo) ed al Volpedo dove Vincenzo Bidone assicurava il servizio di vettura fino alle Fonti Maddalena. Dal 1928 questa linea automobilistica fu prolungata, al sabato, fino a Varzi.
L’opera preziosa di Aristide Arzano e l’azione della Iulia Dertona
Intanto l’instancabile Arzano, sul ‘Popolo’ del 29 luglio 1928, ricordava che il turismo si sarebbe sviluppato solo tra nettezza, lindore e decoro. “Guerra alle mosche ed agli insetti, abolizione dello sputo, imbiancatura annuale degli ambienti, finestre fiorite, letamai ben coperti, latrine moderne ed inodori, prezzi onesti, gentilezza e buon umore”, erano le condizioni essenziali per un moderno sviluppo. Ed in effetti in quegli anni vennero compiuti notevoli passi in avanti. Nel 1926 fu completata la strada fino a Caldirola (che fu raggiunta dalla corriera), e nell’alta valle del Curone furono aperti nuovi alberghi (come il ‘Grande Albergo La Gioia’, inaugurato nel 1934)
L’azione tenace dell’Arzano non tardò a dare i suoi frutti, tanto che nel ‘Bollettino Commerciale delle Ferrovie dello Stato’ del 1° agosto 1936 Tortona veniva riconosciuta ‘località climatica’, pertanto godeva del 50% di sconto sui treni con permanenza minima di 6 giorni nel territorio, e biglietto valido per 60 giorni.
Il numero dei villeggianti fu in continuo crescendo (preponderante la presenza dei Genovesi, che poi calavano in massa nel nostro Appennino all’apertura della caccia). Un significativo momento di incontro tra villeggianti e montanari, infine, è sempre stata la festa sul Giarolo, ai piedi della statua al Redentore (eretta nel 1901) che si celebra ogni anno la prima domenica di agosto e che continua a richiamare migliaia di persone.
Testi e foto di Armando Bergaglio
Questo album del maestro Bergaglio è già stato pubblicato sulla pagina facebook “Tortona OGGI” con il titolo: “(ab) NEL TORTONESE ARRIVAVANO I VILLEGGIANTI.”
Didascalia delle foto
Foto numero 1
LA FESTA DELL’UVA era una manifestazione che andava ben oltre gli ambiti locali.
Chi raggiungeva Tortona in treno beneficiava di sconti speciali. Numerose comitive giungevano da varie città, perfino dal Canton Ticino. Al momento di scendere dal treno veniva offerto come benvenuto dal podestà in persona, il dott. Pietro Banchieri, un grappolo d‘uva.
Un grazioso stand che rappresentava un ricco pergolato (una ‘topia’) veniva allestito alla stazione ferroviaria a cura del Bar buffet della stazione.
Foto numero 2
CARRI VENDEMMIALI E ALTRO
Carri vendemmiali, festa dell’uva, mostra mercato dei vini dei colli Tortonesi erano le manifestazioni intese a valorizzare i nostri prodotti negli Anni Trenta.
I carri vendemmiali che rappresentavano i vari paesi (ed anche le frazioni spesso avevano quello proprio) sfilavano lungo la via Emilia (con partenza da Piazza Roma e arrivo a Porta Voghera): Una splendida mostra di carri fatti con buon gusto ed una ammirata passerella di belle ragazze, e di simpatici giovanotti, con tanto di fisarmonica lungo il percorso.
Nella foto (anno 1934) il carro vendemmiale di Cerreto Grue. La mostra dei vini avveniva nell’area dei giardini di Corso Leoniero con bellissimi stands a rappresentare i paesi o le associazioni.
Foto numero 3
AMERICANA O MOSCATO?
Serate d’estate. Quando tira una leggera brezza fa piacere una gazzosa Abbondio, ma c’è anche chi preferisce un bicchiere di spumeggiante americana (oggi introvabile) o di fresco dolcissimo moscato, quello di una volta, filtrato con il metodo di Noè. Qui siamo a Sarezzano, anni Venti.
Foto numero 4
CASALNOCETO IN GITA
Anni Trenta, Comincia a diffondersi il turismo di massa grazie ai pullman: un turismo religioso (ai santuari mariani) ed un turismo ricreativo (mete principali le località marine della vicina Liguria). Niente a che fare con il comfort di oggi. Pullman (o, meglio, corriere) pej s-cinfunà: una volta occupati i posti nelle due file ai lati, si aprivano i seggiolini nel piccolo corridoio centrale per i bambini (pagavano una quota ridotta). Aria condizionata? Autostrade? Manco a parlarne. Finestrini aperti con il caldo torrido, percorsi lenti (spesso nei paesi non s’era nemmeno la circonvallazione, quindi strettoie e rallentamenti). Autogrill? Si aprivano le borse da cui usciva di tutto; dall’antipasto al caffè (nei thermos), ai bottiglioni di vino. Tuttto Regolare, Vegliava la Divina Provvidenza, Emozioni uniche, rivissute oggi non senza rimpianto.
Foto numero 5
LA CORRIERA DI CAVALLERO
Grazie all’iniziativa di Pietro Cavallero, la diligenza a cavalli che faceva servizio tra Monleale e San Sebastiano (poi prolungata fino a Fabbrica, una volta aperta la strada carrozzabile) è stata sostituita dalla corriera (spesso si trattava di mezzi che avevano fatto la 1* Guerra Mondiale). Cavallero Pietro è ricordato anche per un atto di coraggio compiuto in servizio. Alla fine, purtroppo, fu vittima della stesso servizio, avendo perso la vita in un incidente stradale, proprio il 15 agosto, 1934, giorno della festa di Fabbrica, dove lui abitava. La foto mi era stata data dalla nipote, Rina Cavallero, che con il padre (’Panseta’) aveva l’albergo ‘Belvedere’ di Fabbrica.
Foto numero 6
L’ALBERGO RISORGIMENTO DI FABBRICA CURONE di Clementon Biglieri e di Nina Galante (1938) Dopo una gioventù di fatica con esperienze di emigranti (prima in Francia, poi in Argentina), negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, grazie ai propri risparmi, costruirono ed aprirono l’albergo Risorgimento a Fabbrica Curone (ora gestito dalla famiglia Botti, produttrice anche di rinomati salumi). L’albergo era frequentato da turisti (soprattutto genovesi), che soggiornavano in valle nella stagione estiva, mentre in autunno, sempre da Genova, arrivavano i cacciatori) Una cartolina dell’albergo Risorgimento.
Guardate un po’ se riuscite a riconoscere quel bambino in braccio a ‘Lala Nina’… Se la ricerca non è andata a buon fine, vi dirò che quel bambino è lo scrivente.
Foto numero 7
IL RIFUGIO MONTE BOGLELIO al LAGUION (Forotondo). Venne aperto nel 1928, frequentato soprattutto da cacciatori.
Durante la guerra vi si rifugiarono militari inglesi, che, scoperti, furono fatti prigionieri: uno fu ucciso poco dopo, degli altri non si seppe più nulla. Poi il rifugio fu incendiato
Foto numero 8
CALDIROLA
Una cartolina che molto sinteticamente presenta le attrattive turistiche e la facilità di accesso alla montagna tortonese. Viene evidenziato l’albergo la Gioia di Caldirola, che, a partire dagli Anni Trenta, diede notorietà all’alta Val Curone. Questo grazie all’intraprendenza ed all’intuizione del grande precursore del turismo della nostra montagna: Raffo Agostino
Foto numero 9
FESTA SUL MONTE GIAROLO
E’ la festa popolare che forse ha il maggior richiamo nell’Appennino tortonese. Sulla vetta (m. 1472) nel 1901, a chiusura dell’anno Santo del 1900, venne eretto il monumento al Redentore a cura della Diocesi di Tortona. Si trattò di un’impresa di non poco conto, soprattutto per l’aspetto tecnico. Il giorno dell’inaugurazione e della benedizione erano presenti 12.000 persone, in rappresentanza delle 300 parrocchie della Diocesi di Tortona, tra cui don Orione. Il Vescovo Bandi celebrò la messa solenne con la processione. Nel 2001, ad un secolo esatto dall’inaugurazione, la scultura del Redentore benedicente, ormai in condizioni estremamente precarie, venne rifusa. La festa sulla vetta si celebra ogni anno la prima domenica di agosto.
Foto numero 10
LA FONTI SULFUREE DI MONTEGIOCO
In una cornice selvaggia, tra le frazioni Palazzo e Montegioco, sgorgano le acque di Montegioco che tanta notorietà ebbero in passato, frequentate soprattutto nella stagione estiva, come luogo di merende.
La località è immersa in una straordinaria frescura.
Foto numero 11
SARDIGLIANO
Stazione climatica e idrominerale. Quattro polle in tubi di acque sulfuree, magnesiache e ferruginose erano a disposizione del numeroso pubblico, Nei primi Anni Venti furono aperti due moderni alberghi e pista da ballo. Oggi è praticamente inattiva.
Foto numero 12
SPINETO – LE FONTI DI ROGOREDO
In passato un frequentato ed accogliente punto di ritrovo nella bella stagione erano le ‘Fonti Rogoredo’, sulla strada verso Paderna.
Tra una folta vegetazione vi era una sorgente di acque solforose con servizio ristorante ed una pista da ballo. Molto frequentato negli anni tra le due guerra, fu nel dopoguerra gradualmente abbandonato.
Foto numero 13
LE FONTI DELLA MADDALENA A VOLPEDO
Sono quelle che ebbero maggior notorietà soprattutto oltre i confini locali. Un primo sfruttamento risale ai primi del Novecento, quando fu sistemata la zona della fonte (di cui si esaltarono le proprietà terapeutiche) con un piccolo bersò, una panchina. Fu nel 1922 che fu costtruita una elegante palazzina albergo-ristorante, e fu sistemato a piccolo parco l’area attorno con pista da ballo. Negli anni del secondo dopoguerra fu trasformato in night club. In seguito ad un drammatico incendio la fonte, dagli anni ’80, è abbandonata