Massimo Galluzzi – Tortona e la Guerra




Pubblico, autorizzato dall’autore Massimo Galluzzi, questo squisito brano che racconta i fatti di guerra con occhio tortonese.

E’ già stato pubblicato a pag 113 del catalogo della Mostra “Una città in guerra – 1940-45 la caduta e la rinascita dei tortonesi” con il titolo “La Guerra cittadina per la sopravvivenza” e poi oggi sulla pagina facebook dell’autore con il titolo “Tortona e la guerra“.

Mi ha colpito per la “leggevolezza” e per essere, a mio giudizio, molto obiettivo. Ho chiesto il permesso di pubblicare ed eccoci qua:

Tortona e la guerra

di Guidobaldo Ronciglioni Mazzolati

Aprile 1945. Carri armati americani entrano in Via Manzoni a Milano
Aprile 1945. Carri armati americani entrano in Via Manzoni a Milano

Il 10 giugno 1940 gli altoparlanti invitarono la popolazione a radunarsi in Piazza del Duomo per ascoltare un importante discorso del Duce che annunciava che l’Italia entrava in guerra.

Testimoni di quel giorno raccontano che i tortonesi accolsero quell’annuncio con un blando e breve applauso e subito si diressero verso casa silenziosi, pensando alle implicazioni che una guerra portava con sè. Lo stato di guerra impone un grosso cambiamento in peggio delle abitudini degli italiani e a Tortona di certo non si fa eccezione. In attesa della ‘vittoria certa’ in una guerra che doveva durare pochissimo compare il razionamento: ad ognuno spetta un tot di generi alimentari che piano piano diminuiranno in quantità e qualità.

All’inizio, per esempio, un bollino della tessera annonaria garantisce 200 grammi di pane al giorno, presto scenderà a 100 grammi ed è pane nero, durissimo, fatto con la crusca e con i residui del mais: persino le galline non mostrano di gradirlo particolarmente. Sempre con la tessera è possibile ottenere 600 grammi di pasta a testa al mese, un kg di riso e 400 grammi di farina per polenta. Nelle grandi città (non a Tortona) compaiono gli ‘orti di guerra’ con intere piazze coltivate a grano ed ortaggi.

L’oscuramento diventa una necessità: di notte l’illuminazione pubblica non viene attivata e vengono oscurate le finestre e le porte delle abitazioni. Anche i fanali delle biciclette e delle pochissime auto vengono schermati. Si instaura il coprifuoco: dopo una certa ora serale ronde della Milizia fermano e questionano chi viene trovato in giro provvedendo ad arrestare (o peggio) chi non è in possesso di una valida scusa.

Per via di queste restrizioni i teatri ed i cinema (che proiettano pellicole esclusivamente italiane e tedesche e preferibilmente patriottiche) fissano l’orario per gli spettacoli alle 18 in modo che alle 20 si sia tutti a casa.

Via via che le vicende belliche volgono al peggio anche le condizioni della popolazione peggiorano.

Nel dicembre 1941 la benzina viene destinata esclusivamente a scopi militari e ne viene vietata la vendita così come viene interdetta la circolazione dei mezzi privati se non con speciali autorizzazioni e con motivi circostanziati e validi.

Mancano molti generi ma l’italica inventiva non viene meno: per esempio si incentiva la coltivazione della ginestra che dovrebbe sopperire alla mancanza di seta e cotone e moltissimi prodotti alimentari acquistano il prefisso -Ital a significare che la produzione è rigorosamente autarchica, così la Liebig diventa l’Italdado.

Il caffè scompare subito e anche se il Caffè Cirio viene indicato come un caffè che non ha niente da invidiare a quello brasiliano, prende piede il surrogato a base di malto o cicoria. Il the, prodotto simbolo della perfida Albione, viene sostituito dal karkadè che, fenomeno unico, è presente tuttora nei supermercati.

Il metallo scarseggia e le monete vengono sempre più sostituite dalla valuta cartacea. Ad un certo momento anche le cancellate in ferro delle case vengono asportate per essere consegnate all’Ente Distribuzione Rottami per essere riciclate in armamenti.

I vestiti vengono rattoppati e magari tinti in casa per ‘rinvigorire’ i colori sbiaditi. In campo femminile trionfa il cappellino che regala eleganza e rende chic mentre le servette e le massaie rurali usano raccogliere i capelli e coprire il capo con un fazzoletto. Le costose riviste femminili glissano sulle condizioni imposte dalla guerra ma consigliano, per esempio, di usare lo stesso foulard in occasioni diverse o come cravatta o come turbante. Le donne acquistano la ‘fintacalza’, una tintura da apporre sulle gambe corredata da una matita a carboncino per tracciare la riga lungo il polpaccio. Nel 1942 per sostituire il cuoio ed il pellame, scomparsi dalla circolazione, si ricorre al sughero con cui si confezionano i tacchi alti delle calzature che verranno chiamate ‘ortopediche’.

Si arriva a consigliare l’uso della marcia in folle in discesa per risparmiare carburante anche a quei pochissimi autorizzati ad usare l’auto.

Passa il tempo: la guerra che doveva durare pochissimo va male: i giovani continuano ad essere richiamati ed a partire per i fronti più distanti, le comunicazioni con loro sono scarse e frammentarie quando non luttuose con l’annuncio della morte del proprio figlio, fratello o marito, accompagnate dalle notizie di ‘vittoriose’ ed ordinate ritirate di fronte ad un nemico che avanza a grandi falcate sì, però in maniera disordinata, diramate dalle veline del partito

Anche nelle scuole la situazione non è migliore: i bambini stanno in aule dove d’inverno la temperatura è sui 14° e spesso devono scappare fuori dagli edifici a causa dei bombardamenti. In più, a volte vengono spediti a lavorare nei campi perchè il governo sostiene che non devono diventare degli indolenti.

I rifugi vengono ampliati per i pericoli sempre crescenti di bombardamenti ed accolgono una popolazione impaurita, rassegnata e sfiduciata. Questi continui bombardamenti, specie sulle grandi città, creano il fenomeno degli sfollati: migliaia di persone che si allontanano dalle zone distrutte e vengono redistribuite in zone considerate più sicure. Tortona accoglierà molte di queste persone con ovvi disagi legati alla convivenza. Sintomatica è la rubrica de “Il Popolo” che tiene informati i lettori sulle vicende belliche (naturalmente sotto ferreo controllo della censura). All’inizio della guerra si intitola Le tappe della nostra Vittoria e tre anni dopo cambia in un più cauto Panorama della Guerra.

Si arriva così al 25 luglio, cade il regime ed il disorientamento è totale: cambiamo alleati di colpo. E’ finita la guerra? prestissimo ci si accorgerà che questa è un’illusione e tempi più cupi stanno arrivando con la Repubblica di Salò. Molti salgono in montagna, altri si nascondono, altri ancora vengono arruolati in questo esercito senza futuro per costrizione (i più) o per convinzione (pochi).

Nel frattempo la popolazione soffre davvero. I tedeschi la fanno da padroni. Tortona è città agricola ed almeno all’inizio non risente della scarsità di generi alimentari ma negli ultimi due anni di guerra il ricorso alla borsa nera crescerà a dismisura. Il risultato sarà che molti s’impoveriranno e di conserva molti s’arricchiranno. I partigiani si organizzano sempre più e cominciano ad intraprendere azioni di guerriglia cui i nazifascisti rispondono con rappresaglie e rastrellamenti.

I bombardamenti si fanno sempre più pesanti e la città ed i paesi vengono colpiti spesso con esiti sanguinosi. Quasi tutti i giorni, in genere all’imbrunire, un caccia ricognitore alleato fa una rapida puntata sulle case e di tanto in tanto lancia spezzoni e fa partire scariche di mitraglia. La gente lo chiama ‘Pippo’, tra l’ironico e il preoccupato. Molti aiutano i partigiani offrendo loro rifugio ed aiuto di qualunque tipo. Va però detto che molti tedeschi della guarnigione di stanza in città sono vecchi territoriali che non vedono l’ora (come tutti) che la guerra finisca presto e convivono abbastanza pacificamente con i tortonesi.

Con l’avvicinarsi della resa dei conti la vita diventa ancora più difficile, anche le cose minime come la schiuma e le lamette da barba sono introvabili. Per coprirsi sono molto richieste le pelli di coniglio ed anche quelle di una strana specie di animale che viene chiamato… “coniglio dei tetti” che dà la caccia ai topi e fa nascere molti dubbi sulla sua vera origine. Il tabacco è ormai un miraggio (“colpa dei partigiani” dice la propaganda fascista). Poichè per l’inflazione la moneta vale poco non è raro ricorrere al baratto: zucchero contro mobili, carne contro vettovaglie, sale contro biciclette. Gli alberi in città scompaiono per fornire legna da ardere.

E finalmente arriva il 25 aprile e Tortona si riempie di cittadini festanti e di eserciti alleati, arrivano le truppe brasiliane (corrette e ben volute) e quelle indiane (molto meno). I tedeschi se ne vanno con sussulti di rabbia. I partigiani scendono finalmente dai monti. E’ tutto un fiorire di bandiere e di canti. Dove si può, si riaccendono le luci alla sera dopo cinque anni di oscuramento. Si torna a suonare ed a ballare con una gioia sconosciuta. E’ l’alba di un nuovo mondo.

Massimo Galluzzi

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