I ciclisti tortonesi hanno voluto essere presenti all’incontro con Marco Scarponi ad Alessandria

A Palazzo Monferrato per parlare di sicurezza stradale anche una delegazione di tortonesi appartenenti a FIAB Tortona e a La Mitica Ciclostorica.

Si è conclusa la “due giorni” di Marco Scarponi ad Alessandria, organizzata dalle associazioni “Riprenditi Alessandria”, “FIAB Alessandria Gliamicidellebici“, “Sine Limes” e “Panathlon International” in collaborazione con la “Fondazione Michele Scarponi“, il “Museo AcdB“, il “Museo dei Campionissimi” e la “Fondazione Acos per la cultura“.

In due giorni Marco, il fratello di Michele Scarponi nonché presidente dell’omonima Fondazione, ha avuto tre incontri: due con gli studenti delle scuole cittadine e uno con la cittadinanza. Incontri in cui ha parlato di temi legati alla sicurezza stradale, alla promozione della mobilità sostenibile e dei corretti comportamenti da tenere in strada. All’incontro aperto alla cittadinanza, che si è tenuto nella sala conferenze di Palazzo Monferrato erano presenti anche FIAB Tortona sezione Malabrocca e La Mitica ciclostorica.

La serata è iniziata alle 20,30 con una visita guidata dal direttore Roberto Livraghi al museo AcdB, Alessandria città delle Biciclette. Marco Scarponi è rimasto affascinato da questo museo, che racconta la nascita del ciclismo in Italia e in particolare ad Alessandria, che negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo è stata la vera capitale italiana della bicicletta. Un omaggio ai due volti del ciclismo, quello veloce delle gare e quello lento del Touring Club Ciclistico e della scoperta del territorio attraverso le due ruote. Al termine della immancabile sezione dedicata al Campionissimo Fausto Coppi, davanti alla bicicletta di Luigi Malabrocca, il commento di Marco è stato: “Avevate il primo e anche l’ultimo!“.

Pur essendo stata un momento molto emozionante, non voglio qui parlarvi della visita al Museo Acdb (esperienza che comunque vi consiglio di fare), ma bensì di quanto si è detto nella sala conferenze di Palazzo Monferrato.

Il primo a prendere parola è stato Domenico di Filippo, presidente dell’associazione Riprenditi Alessandria, che, dopo aver ringraziato le numerosissime associazioni che hanno contribuito all’organizzazione di questo evento e anche l’assessore con delega ai Lavori pubblici, alla Riqualificazione e Rigenerazione urbana del Comune di Alessandria l’arch. Michelangelo Serra, i biker della Polizia Municipale e la polizia stradale, tutti presenti in sala, ha spiegato come l’iniziativa “La strada è sicuramente di tutti. Muoversi in sicurezza ti cambia la vita” ha coinvolto le scuole perché sono proprio i giovani le prime persone da sensibilizzare per non arrenderci alla violenza sulle strade. Un ringraziamento particolare è andato a Rino Campodipietro per aver tenuto i contatti con Marco.

Dopo “Dino” ha parlato Roberto Livraghi, sia come direttore del Museo AcdB che come segretario generale della Camera di Commercio di Alessandria, di cui ha portato i saluti del presidente Gian Paolo Coscia. Il direttore si è detto orgoglioso che il Museo AcdB sia stato visitato da Marco. Una domanda ricorrente di chi visita il museo è: “Perché Alessandria città delle biciclette? Forse in passato, ma ora non più.” L’auspicio è quello che Alessandria torni ad essere città delle biciclette. Grazie agli alessandrini, che in numero sempre maggiore prendono la bici o vanno a piedi nei brevi spostamenti. Il mondo delle biciclette da sempre è diviso in due, da quelli che in bicicletta vanno forte e da quelli che in bici vanno piano. Il nostro territorio ha avuto molti campioni. All’inizio del nuovo millennio la bici può diventare il simbolo degli spostamenti di chi va piano. Andar piano per rispettare i diritti di tutti.

Giampaolo Bovone, in rappresentanza della Fondazione Acos per la Cultura ha invitato Marco Scarponi a Novi Ligure. Fondazione Acos si occupa di progetti per le scuole e la presenza di Marco sarebbe più che mai gradita.

Gianluca Pagella, presidente di FIAB Alessandria ha invitato tutti a fare qualcosa per riempire Alessandria di biciclette.

Davide Ghò ha parlato a nome dell’associazione Sine Limes, ricordando dell’esistenza della ciclofficina presso il Chiostro di Santa Maria di Castello, un luogo a disposizione di chiunque voglia sistemarsi la bici in autonomia. Con l’assessore Michelangelo Serra è stata aperta la consulta per la mobilità sostenibile.

Per Panathlon International ha preso la parola Peo Luparia, che ha preferito non parlare di biciclette “perché non avrebbe più smesso“. Si è limitato a elogiare le gesta di Michele, ringraziare Marco per la sua presenza e a parlare un po’ anche a nome di Massimo Sobrero, sindaco di Pasturana e suo caro amico e compagno di pedalate da quarant’anni, in questi giorni in Olanda per uno stage del gruppo Shimano. Anche Peo ha invitato Marco a incontrare altri studenti di altre scuole. Quelle di Novi Ligure, ma anche il Vinci di Alessandria. Con Paola Gianotti qualche tempo fa sono stati posizionati i cartelli della campagna “Io rispetto il ciclista” in tutta la provincia. Il giro si era concluso a Vignale Monferrato, altra località in cui Marco è stato invitato.

Prima di cedere la parola a Marco Scarponi, come già accennato, è stato il turno di Pietro Cordelli, che ha consegnato la maglia dell’edizione del centenario de La Mitica all’illustre ospite, che ha quindi preso parola.

Ringrazio veramente tutti gli alessandrini per l’accoglienza ricevuta. Mi accorgo girando l’Italia dell’amore che Michele ha seminato. Questo amore io devo proteggerlo, coltivarlo e trasmetterlo. Morire per strada è un atto bruttissimo. Io chiamo violenza stradale, non incidente, perché causare la morte di qualcuno per non aver seguito le regole è un atto violento, quasi terroristico. In Italia la violenza stradale è la prima causa di morte per i ragazzi con meno di 29 anni.

Con mia sorella abbiamo deciso di cercare un’immagine che rappresentasse Michele e l’abbiamo trovata con lui in sella alla bicicletta, ma con il piede a terra. Quel piede che decise di mettere a terra quando durante la tappa Pinerolo-Risoul del Giro del 2016 si ritrovava a transitare sul Colle dell’Agnello in testa alla corsa con 5 minuti di vantaggio. Michele era in Astana come gregario di Vincenzo Nibali e per ordini di scuderia dovette aspettare il capitano e di aiutarlo a vincere la tappa. Grazie a quella tappa Nibali si aggiudicò poi anche la vittoria al Giro di quell’anno.

Ecco, quel piede a terra rappresenta per noi la vittoria della squadra sul singolo, ma quel piede a terra vuole anche essere un invito ad andare piano.

Durante il suo discorso Marco Scarponi proietta due video in cui scorrono immagini di Michele Scarponi in sella alla sua bicicletta e in momenti più privati in cui si diverte con gli amici e i colleghi. Le immagini sono intervallate da slide, in cui viene presentata la Fondazione Michele Scarponi, tra le slide vi proponiamo quella sulla mission relativa alla mobilità sostenibile. Ma la Fondazione non si occupa solo di questo. Innanzitutto si occupa di custodire la memoria di Michele, poi sta costituendo un comitato tecnico scientifico in cui con l’architetto Matteo Dondè si vagliano gli strumenti urbanistici per una città a misura d’uomo e, attraverso una equipe di psicologi ed una di avvocati, si fornisce supporto legale e psicologico ai familiari delle vittime della strada.

Noi siamo un Paese in cui si protesta per un autovelox, prosegue Marco, ma non si protesta per un bambino ucciso sulle strisce pedonali. Michele è stato ucciso dalla manovra di un uomo che guidava un furgone e ha svoltato a sinistra senza guardare, compiendo una manovra non consentita. Lui è stato l’ultimo a compiere quella manovra, ma non il primo. In paese (Michele Scarponi è stato ucciso da un suo compaesano a Filottrano, il paese in cui entrambi abitavano N.d.A) era abitudine compiere quella infrazione. In un certo senso è come se chiunque ha fatto quella manovra sia stato un mandante, così come chi ha l’abitudine di lasciare l’auto in doppia fila. Fino a quando le cose vanno bene, bene. Ma un’auto in doppia fila costituisce un reale pericolo per le persone. Quello che succede sulle strade ci riguarda tutti.

Oggi usare la bicicletta in città non è un gioco di qualcuno, ma un modo per risolvere problemi: di spazio, di inquinamento, di qualità della vita. Ma chi osa mandare un figlio da solo in giro in bicicletta? Anche se c’è la ciclabile, anche se c’è il marciapiede. Si muore anche sui marciapiedi, è già capitato più di una volta. È un problema di sicurezza. Siamo costretti a prendere l’auto per proteggerci.

La Fondazione Michele Scarponi è nata nel 2018 per contrastare i 3500 morti che ogni anno fa la strada in Italia, ai quali si aggiungono circa 20.000 feriti gravi. Ogni anno in Italia ci sono 23.500 famiglie distrutte dal dolore. Io fino a che Michele non è stato ucciso non mi rendevo conto della situazione. Leggevo le notizie delle vittime e lo consideravo un fatto normale. Poi improvvisamente mi sono reso conto. In Inghilterra, che ha più o meno il nostro stesso numero di abitanti, ogni anno muoiono 2000 persone in meno che in Italia. Cos’hanno gli inglesi più di noi? Forse guidano meglio? No, semplicemente in Inghilterra si sono messe in atto politiche che riducono la velocità. È la velocità che uccide, la velocità moltiplicata per la massa.

Utilizzare la bicicletta per i brevi spostamenti, potendolo fare, migliora la qualità della vita. In Danimarca è stato fatto un test di intelligenza tra i ragazzi delle scuole ed è risultato che chi va a scuola in bici è più maturo di un anno e mezzo rispetto a chi viene portato in auto.

Ma che Paese è un Paese in cui esci in bicicletta e non sei sicuro di rientrare a casa? I bambini che muoiono uccisi sulle nostre strade non suscitano indignazione. Ma ci pensate a cosa succederebbe se lo stesso numero di bambini morisse ad esempio in uno stadio? Con la nostra Fondazione vogliamo sbloccare questa situazione di apatia. Quando andiamo a parlare nelle scuole parliamo di patto educativo, parliamo di valori. Che valori abbiamo noi oggi sulla strada? Abbiamo valori egoistici, rincorriamo unicamente la nostra libertà e autonomia personale. Ma che senso ha ricorrere all’auto per coprire mediamente una distanza giornaliera di 5 km?

Gli unici che protestano sulla strada sono i genitori di vittime della strada. Ci pensate? nella nostra lingua non esiste neanche un termine per indicare chi perde i propri figli o i propri fratelli. Se perdi i genitori sei un orfano, se perdi il coniuge sei vedovo. Ma non abbiamo una parola per indicare chi ha perso un fratello o un figlio.

Pensiamo adesso allo spazio in cui viviamo, osserviamolo. Lo spazio ci racconta che i luoghi pubblici (strade, piazze, …) sono progettati per le auto. Neanche per gli automobilisti che le auto le guidano. Ma per auto ferme, parcheggiate, senza nessuno a bordo. Ci siamo mai chiesti come sarebbe lo spazio pubblico se fosse invece progettato per i bambini, per le persone? Abbiamo mai provato a scendere dall’auto e guardare la strada con gli occhi di un pedone o di un ciclista? Tutti dovremmo provare a muoverci a piedi o in bici prima di salire in macchina.

Nei giorni scorsi qualche nostro lettore si chiedeva se si sarebbe parlato della legge sul metro e mezzo di distanza da rispettare per superare un ciclista. Ebbene si, si è parlato anche d quello. Lo si è fatto portando l’esempio della Spagna in cui questa legge già esiste e la distanza da rispettare quando si supera un ciclista è stata elevata a due metri. Mentre noi qua in Italia stiamo, consentitemi il termine di cui chi scrive si assume tutte le responsabilità, pettinando le bambole. In Spagna i mezzi a quattro ruote prima di superare un ciclista aspettano che ci sia lo spazio necessario. Secondo Marco le ragioni di tale successo vanno ricercate, sicuramente in un più alto grado di civiltà dei cugini iberici, ma anche nelle campagne di sensibilizzazione e nell’attuazione di controlli sulle strade. Mentre noi in Italia abbiamo politici che in campagna elettorale promettono di eliminare gli autovelox, nel resto del mondo la polizia fa i controlli e si assicura che gli utenti della strada rispettino le regole, che dal canto loro si rivolgono alla sicurezza. In ballo c’è la qualità della nostra vita. “Dobbiamo capire qual è il valore che vogliamo mettere al centro“. Più o meno con queste parole finisce l’intervento di Marco Scarponi ad Alessandria.

È questa una domanda che invito tutti a farsi. Perché tutti noi, credo, abbiamo dei figli o dei nipoti e tutti noi grosso modo abbiamo un’auto, dato che in Italia circolano 70 auto ogni 100 abitanti. Mi fermo qua perché questo è l’articolo su quello che si è detto a Palazzo Monferrato il 24 novembre di quest’anno e non l’articolo sulle mie personali considerazioni. Non escludo, se troverò il tempo, di riprendere alcuni dei tanti ragionamenti fatti da Marco e dagli altri relatori, ma semmai lo farò in un altro articolo, non in questo.

Dopo un breve intervento dei biker della municipale e della polizia stradale, ha chiuso i lavori l’assessore Michelangelo Serra, che ha parlato di quanto la giunta Abonante di Alessandria stia facendo per la sicurezza stradale. Alessandria sta progressivamente diventando una città con il limite di velocità ai 30 km/h, che sta attivando le “strade scolastiche“. I prossimi interventi saranno orientati verso la predisposizione di luoghi sicuri (questa volta dai furti) per il parcheggio delle biciclette e particolare attenzione sarà posta gli attraversamenti pedonali, che in alcuni casi sono ancora troppo pericolosi.

Questo più o meno è il mio resoconto di come ho speso la serata del 24 novembre, facendomi una gita nel capoluogo. Una serata che mi ha fornito più di uno spunto di riflessione. Spero di essere riuscito a trasmettere anche a chi mi ha letto fin qua lo stesso spirito critico, perché, come dice Marco Scarponi, in ballo c’è la qualità della vita che viviamo.

cc

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