Torna a Volpedo Michele dal Lago, il musicista country e blues bergamasco che propone un repertorio vario di musica statunitense dagli anni ’20 agli anni ’60.
IL QUARTO STATO OLTREOCEANO
Mondi operai, emigrazione e popular music nel Novecento
Parole e musiche di Michele Dal Lago
VOLPEDO, società operaia – sabato 22 giugno ore 17.00
Michele Dal Lago, musicista country e blues bergamasco, propone un repertorio vario di musica statunitense dagli anni ’20 agli anni ’60. Si interessa da anni di storia sociale della musica americana e ha collaborato con gli storici americanisti Bruno Cartosio e Sandro Portelli. È dottore di ricerca in Formazione della Persona e Mercato del Lavoro e svolge attività didattica presso la cattedra di Sociologia dei Processi Produttivi e del Lavoro all’università di Bergamo. Nel settembre 2018 ha tenuto un apprezzato concerto in piazza Quarto Stato a Volpedo, nell’ambito del 150° della nascita di Pellizza.
Qui di seguito alcuni stralci di testi dell’autore sulla musica che propone nei suoi concerti
«La ridicolizzazione della musica country come semplice espressione del conservatorismo e del bigottismo della provincia americana è sempre stato un fenomeno superficiale, più cinematografico che reale. Ma è vero che questa rappresentazione ha impedito a molti di avvicinarsi al genere per scoprirne la ricchezza, la varietà e la complessità sociale e politica. Bisogna però ricordare che la cultura underground statunitense, sebbene dal punto di vista dei consumi estetico-culturali e della composizione sociale rappresenti un mondo diverso e per certi versi antagonista a quello operaio della country music, ha sempre guardato con molto interesse alla musica hillbilly, country e bluegrass. Dalla fine degli anni ‘50 in avanti la controcultura americana è una storia di continue riscoperte che hanno contribuito all’evoluzione e alla diffusione del country e del blues. Ma l’interesse per queste forme musicali è sempre stato compromesso dalla ricerca di una mitologica e inesistente “old weird America”. Si è costruito un immaginario mistificante al cui interno una supposta country music autentica – definita “real country” – è continuamente contrapposta alle produzioni dell’industria di Nashville. Così, se da un lato i giovani ribelli statunitensi si entusiasmavano per l’America rurale e primitiva disegnata dalla Anthology of American Folk Music di Harry Smith, dall’altro ignoravano o peggio squalificavano cantanti country a loro contemporanei, come Merle Haggard o Bobby Bare, che scalavano le classifiche con canzoni che raccontavano la sofferenza e lo spaesamento dei lavoratori emigrati dalle campagne del sud verso le fabbriche del nord industriale del paese.»
“Se l’America, sotto un certo aspetto, è veramente un fatto costantemente ricreato dalla fantasia europea, non è tuttavia soltanto, né soprattutto, questo” […]. Capita spesso che turisti europei decidano di intraprendere lunghi viaggi in automobile attraverso il Sud degli Stati Uniti, inseguendo quello specifico immaginario iconico, romantico e a tratti decadente, che il cinema indipendente ha costruito negli ultimi trent’anni.
[…]. Tuttavia, poco dopo aver lasciato il parcheggio del car rental, è proprio la musica che proviene dall’autoradio a introdurre la prima crepa nel suddetto immaginario. Il turista, dopo aver scorso inutilmente l’intero spettro della banda radio FM alla ricerca di Hank Williams, Robert Johnson o Muddy Waters, si rende presto conto che la musica trasmessa dalle radio americane è profondamente diversa dalla colonna sonora che aveva immaginato per il suo roadtrip. Al contrario, lo zapping radiofonico ha un effetto straniante, alternando senza soluzione di continuità rime hip hop, versi in lingua spagnola e infuocati dibattiti religiosi, inframezzati da canzoni pop country che raccontano di chiese, soldati, trucks e di quanto è bello vivere in una small town.
[…]. Al contrario, la popular music americana contemporanea ci consegna un panorama ben più problematico e sfrangiato, in cui i sintomi del sociale non vengono nascosti ma semmai subiscono una trasfigurazione nel testo ideologico musicale, che deve dunque essere analizzato secondo il principio dell’analisi sintomatica e non del rispecchiamento. La popular music funziona come forma di mediazione ideologica di un’appartenenza di classe: come un meccanismo attraverso cui la classe lavoratrice americana auto-rappresenta e auto-comprende (e nello stesso tempo trasfigura) la posizione che occupa nella società. I rapporti di classe non esistono in forma immediatamente intelligibile: i soggetti sociali se li devono rappresentare, e nel farlo li traducono in una forma simbolica che trasfigura, capovolge – ma nello stesso tempo rende anche mediatamente comprensibile – gli antagonismi che attraversano il sociale.
Sul Fienile in mostra a Volpedo
Ricordiamo che fino a domenica 30 giugno prosegue la mostra dedicata al dipinto di Pellizza da Volpedo “Sul fienile”, un’occasione unica per vedere un capolavoro, un quadro che emoziona e che sta attirando un numero davvero importante di visitatori.