Dopo la consegna del presidio sanitario a Serdest, l’intelligence irachena ha intimato di lasciare l’Iraq, ufficialmente per motivi di sicurezza.
Una delegazione composta da 10 persone dell’Associazione Verso il Kurdistan e’ entrata regolarmente in Iraq il mattino di sabato 20 maggio 2023. Meta della delegazione erano l’aiuto per la realizzazione di un presidio sanitario a Serdest, il villaggio della regione di Sinjar abitata dalle popolazioni ezide, vittime nel 2014 di un vero e proprio genocidio da parte dell’Isis, e, dal 26 maggio, una visita al Campo dei rifugiati kurdi provenienti dalla Turchia di Makhmour, dove, da anni, l’associazione sostiene il presidio sanitario all’interno del Campo.
Tra l’altro, alla nostra delegazione partecipano tre medici. La mattina del 26 maggio siamo partiti da Khamasor, verso Mosul, come da programma. A Mosul sono venuti a prenderci tre autisti e due ragazze del Campo. Erano felici di vederci. Ci siamo diretti a Makhmour, ma all’ultimo ceck point, a venti chilometri dal campo, ci sono stati sequestrati i passaporti con l’ordine di tornare indietro e di recarsi subito all’areoporto di Bagdhad per prendere il primo aereo per l’Italia. Un’espulsione sostanziale, anche se non formale.
Abbiamo avvisato l’ambasciata italiana a Bagdhdad della nostra intenzione di arrivare a Makhmour. Dall’unita’ di crisi della Farnesina, ci sono arrivati una telefonata e un messaggio che invitavano invece ad accettare il diktat del governo iracheno che ci aveva autorizzato a compiere il vjaggio. Siamo stati quindi “accompagnati” dalla scorta di un blindato dell’esercito fino a Mosul per poi proseguire fino a Bagdhad, dove, alle tre di notte, ci attendeva in albergo il vice ambasciatore, dott. Mignini. Ci eravamo, infatti, rifiutati di andare all’aeroporto in mancanza di un provvedimento formale di espulsione.
Volevamo invece incontrare l’ambasciata italiana e, soprattutto l’UNHCR, sotto la cui protezione si dovrebbe trovare il Campo di Makhmour, dove abitano 11 mila persone. Ma sotto la cui protezione non c’è da oltre dieci anni!
In questi giorni, il Campo di Makhmour è accerchiato dall’esercito iracheno che vuole ulteriormente isolarlo per costringere la popolazione ad andarsene. A più forte ragione, sarebbe stata utile la nostra presenza: non dovrebbe essere neppure immaginabile l’uscita dei rifugiati da un campo di rifugiati!
Ribadiamo che il Ministero degli Esteri iracheno era al corrente delle mete della nostra delegazione. Nonostante questo, già la sera del 21 maggio, l’intelligence irachena ci aveva intimato di lasciare l’Iraq. Siamo rimasti grazie all’intervento del Consiglio per l’Autonomia di Shengal.
Un’ultima osservazione. In questi giorni, abbiamo dovuto mandare ogni tre ore le nostre fotografie all’intelligence, per rilevare dove ci trovavamo. Il motivo addotto era quello di monitorare, per la nostra sicurezza, una situazione di cui i droni del governo della Turchia, violando lo spazio aereo iracheno, colpivano quotidianamente la regione di Shengal. Ne siamo stati testimoni la mattina del 23 maggio, quando un drone ha ucciso una persona ferendone altre quattro.
Noi, con la popolazione ezida, ci siamo trovati sempre al sicuro. E cosi’ sarebbe stato con gli abitanti di Makhmur, che conosciamo, che stimiamo e amiamo da anni.
Il problema vero, su cui dovrebbero intervenire il Ministero degli Esteri italiano e l’UNHCR per Makhmour è fermare lo stillicidio dei bombardamenti dalla Turchia sul territorio iracheno, garantire agli abitanti di Makhmour la pace, la vita quotidiana e la serenità a cui hanno diritto. Il problema vero e’ la violazione dei diritti umani, non la nostra sicurezza.
Tale documento e’ stato consegnato all’Ambasciata italiana di Bagdhad. Verra’ consegnato all’UNHCR e all’UNICEF Iraq
La delegazione italiana a Shengal e al Campo profughi di Makhmour.
ps: Questo e’ l’ultimo comunicato della delegazione italiana in Iraq, già inviato all’Ambasciata italiana a Bagdad, al Ministero degli Esteri in Italia, all’UNHCR. Qualora emergessero novità rilevanti ci faremo risentire.
Alleghiamo anche la foto, scattata ieri sera, della delegazione con i compagni del Campo rifugiati di Makhmour che sono venuti ad incontrarci.