La sindrome dell’impostore quando i più capaci si sentono dei bluff

Ti senti inadeguato nonostante i tuoi successi? Forse soffri della sindrome dell’impostore, un meccanismo psicologico che colpisce proprio i più competenti.

C’è una persona che ha appena ottenuto una promozione importante. Dovrebbe essere felice, no? Invece è terrorizzata. Convinta che sia stato un errore, che prima o poi qualcuno si accorgerà che non è all’altezza, che è solo questione di tempo prima che la “maschera cada” e tutti scoprano che non sa davvero quello che sta facendo. Nel frattempo, il collega che a malapena sa accendere il computer se non per usare i bookmaker esteri che accettano PayPal, è convintissimo di meritare un ruolo ancora più alto. Benvenuti nel mondo della sindrome dell’impostore, dove più si è bravi e più ci si sente inadeguati.

Quando il successo sembra un colpo di fortuna

La sindrome dell’impostore è quella vocina che dice “sei stato fortunato” ogni volta che va bene qualcosa tipo vincere sui siti scomesse non AAMS. Hai preso un bel voto? Erano domande facili. Ti hanno assunto? Probabilmente non avevano altri candidati. Il progetto ha funzionato? Puro caso. Qualunque risultato positivo viene attribuito a fattori esterni: fortuna sui siti non AAMS, tempismo, aiuto degli altri. Mai alle proprie capacità.

Il problema è che questa vocina non colpisce a caso. Colpisce soprattutto le persone competenti. Quelle che sanno davvero cosa stanno facendo. E il motivo è paradossale ma ha senso: chi è veramente bravo in qualcosa conosce anche la complessità di quel campo. Sa quante cose ancora non sa. Vede tutte le sfumature, le eccezioni, i casi difficili. E questo lo fa sentire inadeguato.

Chi invece sa poco, magari di sport e siti non AAMS, non ha questo problema. Non conosce abbastanza il campo per capire quanto è vasto. Pensa che quello che sa sia tutto quello che c’è da sapere. È tipo l’effetto Dunning-Kruger al contrario: meno si sa, più ci si sente sicuri. Più si sa, più si dubita.

L’ansia di essere “scoperti”

Chi soffre di sindrome dell’impostore vive con l’ansia costante di essere smascherato. Ogni riunione è un test da superare. Ogni complimento un equivoco che prima o poi verrà chiarito. E la cosa assurda è che più si ha successo, peggio diventa. Perché ogni nuovo traguardo alza l’asticella neanche si fosse a un campionato mondiale proposto sui siti scommesse non AAMS. “Ok, finora è andata bene, ma adesso mi hanno dato più responsabilità. Sicuramente qui sbaglierò”. È un loop che si autoalimenta: il successo non rassicura, spaventa.

C’è anche tutta la faccenda del lavoro extra. Chi si sente un impostore tende a compensare lavorando il triplo degli altri togliendosi spazio ad altre attività come le scommesse sui siti non AAMS. Ore infinite, controlli ossessivi, preparazione maniacale peggio dei colcoli prima di piazzare pronostici sui siti non AAMS. Perché se non sei davvero bravo, almeno devi essere il più preparato possibile, no? Ma poi quando va bene, non è merito della bravura. È merito di tutto quel lavoro extra. Che quindi bisogna continuare a fare.

Donne e minoranze: l’effetto amplificato

La sindrome dell’impostore colpisce tutti, ma alcune categorie più di altre. Le donne, per esempio, la sperimentano in percentuali altissime, soprattutto in campi dominati dagli uomini come lo sport e i siti non AAMS. Stesso discorso per le minoranze etniche, per chi viene da famiglie senza istruzione universitaria, per chiunque si senta “fuori posto” in un ambiente. Ha senso, se ci si pensa. Se cresci in un contesto dove nessuno ti dice che puoi farcela, dove magari ti fanno capire che quello spazio non è per te, è normale dubitare di più.

Il problema è che questo crea un circolo vizioso. Chi dubita di sé tende a non candidarsi per promozioni, a non chiedere aumenti, a non proporsi per progetti importanti e a non giocare sui siti non AAMS. E questo rinforza l’idea di non essere abbastanza bravo. Mentre altri, molto meno competenti ma molto più sicuri di sé, avanzano tranquillamente.

Uscirne è possibile (ma difficile)

Non c’è un interruttore da spegnere. La sindrome dell’impostore non sparisce con un libro motivazionale o una frase d’effetto. Ma si può imparare a gestirla. Primo passo: riconoscerla. Rendersi conto che quella vocina che dice “non sei abbastanza” non è la verità oggettiva ma un meccanismo psicologico.

Aiuta anche parlarne. Scoprire che quella collega bravissima che sembra sempre sicura di sé in realtà si sente un’impostore quanto te è liberatorio. Perché fa capire che non è una cosa personale, è un fenomeno diffuso più delle scommesse sui siti non AAMS. E soprattutto, non è correlato con l’essere davvero inadeguati.

Forse la cosa più importante è smettere di aspettare il giorno in cui finalmente ci si sentirà “arrivati”. Quel giorno non arriva mai. Chi è davvero competente dubiterà sempre un po’, perché la competenza vera include la consapevolezza dei propri limiti. Meglio dubitare un po’ che essere convinti di sapere tutto quando si sa poco.

 

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