Il cimitero di Shahid Lak nel Nord dell’Iraq

4^ REPORT – DELEGAZIONE A SENGAL E AL CAMPO RIFUGIATI DI MAKHMOUR, IN NORD IRAQ – 24 MAGGIO 2023.

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Visitare il Cimitero dei Martiri di Shahid Lak è un passaggio necessario se si vuole essere catapultati nella realtà della popolazione ezida di Shengal.

Camminando tra le tombe di questo luogo, costruito tra le bellissime montagne di questa zona, si coglie immediatamente che questa follia, che produce morte tra la popolazione ezida, sta mietendo vittime tra i/le combattenti appartenenti alla generazione dei nati negli anni ’90.

Fiori sintetici colorati sono depositati sulle tombe e i tradizionali scialli delle donne di questa terra abbracciano le lapidi. Non è facile guardarle quelle tombe in compagnia dei nostri accompagnatori, ragazzi ezidi della stessa età di quelli seppelliti lì sotto, davanti ai nostri occhi. E ancor più difficile è avere la consapevolezza che noi tra dieci giorni torneremo in luoghi più sicuri e loro, invece, resteranno a lottare, per non rinunciare alle loro conquiste, per ricercare il sostegno di associazioni straniere che possano aiutarli a garantire la realizzazione di progetti che portino ad avere un minimo di diritto alla salute soddisfatto, per scappare dai quei droni maledetti che quattro giorni fa hanno ucciso una combattente del Yjş, la cui tomba è stata avvolta dalla bandiera della sua organizzazione, ancora raggiante nell’intenso colore rosso, quasi a volerci significare che quella vita si è appena spenta.

E mentre ci fermiamo ad osservare che su ogni lapide sono scritte tre date e ci chiediamo il perché (evidentemente una è quella di nascita ma tra le altre due quale sarà quella di morte e cosa indicherà la terza?), il nostro interprete ci segnala due tombe, una vicina all’altra. Ci tiene a raccontarci quella storia perché lui conosceva bene uno dei due combattenti e lo stimava. Aveva 29 anni quando è stato ucciso da un drone lanciato dal governo turco. Vicino a lui, nell’altra tomba, giace suo fratello, ucciso dallo stesso drone. Aveva 19 anni. Due figli strappati ai loro genitori. E questa ha il triste nome di “normalità” da queste parti.

Un cimitero come questo di Shahid Lak è un vortice di sentimenti contrastanti che fanno tremare dalla rabbia per le persecuzioni subite dal popolo ezida, ma anche dall’emozione suscitata dal coraggio e dalla forza di questa gente, che ogni giorno lotta per determinare liberamente il proprio futuro.

Associazione Verso il Kurdistan Odv

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