Società Operaia di Volpedo gremita di pubblico, c’era anche il sindaco di Casei Gerola Leonardo Tartara. Giancarlo Caldone ancora assente giustificato, a fare gli onori di casa la vice Elisa Giardini.
Grande Pietro Bisio da Gerola
Con quella che si è tenuta ieri nel salone della Società Operaia di Volpedo, giungono a undici le edizioni del premio che l’associazione Pellizza da Volpedo Onlus consegna ogni anno di biennale “a chi, nel multiforme mondo dell’espressione artistica, della comunicazione, dell’impegno sociale si sia distinto per vicinanza allo spirito e al messaggio di «Quarto Stato»”. L’albo d’oro degli XI premi Quarto Stato è pubblicato QUA.
Ammetto di essermi perso tutte le prime dieci cerimonie di consegna in blocco; però per l’undicesima posso dire io c’ero!
Ed è stata una festa: è stato lo stesso Pietro Bisio, appena terminato il quarto d’ora accademico, a prendere in mano il microfono e dare inizio alla discussione. Per ritirare il premio, infatti, occorre accettare di confrontarsi sul tema del Quarto Stato nel corso di in pubblico incontro e dibattito. Dibattito che ieri è stato particolarmente piacevole ascoltare.
Pietro Bisio è un artista di talento la cui lunga carriera artistica è incominciata a Voghera, nello studio di Giansisto Gasparini, in cui è venuto a contatto con la pittura sociale. Dal ’54 al ’58 è stato in Accademia a Brera, allievo di Aldo Carpi e di Domenico Cantatore e ha incominciato ad essere notato. Già nel 1957 ha ottenuto due riconoscimenti: la medaglia d’oro del Senato della Repubblica, assegnatagli dalla giuria del premio Diomira e la sua prima personale di disegni alla Galleria Spotorno di Milano. Con gli anni le partecipazioni ad esposizioni, personali o collettive, si sono moltiplicate, coprendo moltissime città italiane e non solo: Milano, Roma, Cremona, Pavia, Alessandria, Monza, Vicenza, Ferrara, Volpedo, Tortona, Acqui Terme, Manosque, New York, Heusden-Zolder, Genova, Bruxelles, Rivanazzano…
Pur distinguendosi a livello nazionale, Pietro Bisio è però un artista di periferia, nato lungo il Curone come Giuseppe Pellizza, e proprio come il Pellizza rimasto fuori dai condizionamenti del mercato. Dalla critica viene sottolineato come il pittore interprete per eccellenza, dopo Pellizza da Volpedo, della “cultura contadina” nell’Oltrepò Pavese, con linguaggio moderno.
Comunque Pietro Bisio è un artista che non si prende troppo sul serio: “Ho giocato tutta la vita”, dichiara a Virginio Giacomo Bono per la biografia pubblicata sul catalogo della mostra del 2008 a Volpedo. “Ma anche credendo, continua lo scrittore, come nessun altro nel proprio lavoro di pittore e prevedendo che i suoi ultimi quadri, trasgressivi e partecipi di un mondo in disfacimento, saranno capiti e apprezzati soltanto fra vent’anni”.
E del non prendersi troppo sul serio, ieri, Pietro Bisio ne ha dato conferma, trasformando l’oretta di dibattito in un’occasione per farsi qualche risata con la sala, senza mai farsi mettere in difficoltà dalla “giuria” tutta femminile, firmata Aurora Scotti, presidente e direttrice scientifica dell’Associazione Pellizza da Volpedo e che ieri era senza voce e così è stata affiancata da Manuela Bonadeo, prof.ssa di Storia dell’arte al Liceo Peano di Tortona e ricercatrice a Volpedo, che osserva: “Bisio è l’ultimo rappresentante di una generazione di artisti che ha interpretato i cambiamenti del Novecento in chiave drammatica e di denuncia. Il messaggio pellizziano è interpretato attraverso una pluralità di linguaggi e una attenzione costante all’uomo e ai valori del lavoro.”
Congratulazioni a Pietro Bisio per questo riconoscimento più che mai meritato e per il modo piacevole con cui “ha condotto” la cerimonia del ritiro.
Video della cerimonia di Consegna della Targa