Costituzione e lavoro: a Volpedo un convegno per ripensare il futuro della Repubblica

In Piazza Quarto Stato un confronto tra sindacato, storici e cittadini su quanto valga ancora oggi l’articolo 1 della Costituzione.

VOLPEDO — L’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro? È la domanda che ha animato il convegno “Costituzione della Repubblica italiana anno 2025. Fondata sul lavoro?”, tenutosi sabato scorso nella suggestiva cornice di Piazza Quarto Stato a Volpedo. L’evento — promosso dalle sezioni ANPI di Volpedo e Tortona, con il patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona e la collaborazione del Polo del ‘900, del Comune di Volpedo e dell’Università del Piemonte Orientale — ha visto la partecipazione di importanti figure del mondo sindacale, accademico e culturale.

Dopo i saluti di Pierluigi Pernigotti, direttore dei Musei Pellizza da Volpedo, i lavori sono stati introdotti da Stefano Barbieri (ANPI Volpedo), moderati da Alberto Sinigaglia (Presidente del Polo del ‘900) e si sono avvalsi degli interventi dell’economista Giulio Sapelli e di Maurizio Landini, segretario generale della CGIL. A concludere, un saluto dell’avvocato Marco Balossino.

Il punto di partenza è stato il dipinto “Il Cammino dei Lavoratori” di Pellizza da Volpedo, recentemente acquisito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona: un’opera simbolo che precede il celebre “Quarto Stato” e che racconta il lavoro come cammino collettivo, come conquista sociale. Proprio da qui si è voluto riflettere sull’attualità dell’articolo 1 della Costituzione — “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” — e sulle trasformazioni radicali che hanno investito il mondo del lavoro nell’era della globalizzazione, delle crisi democratiche e tecnologiche.

Il senso profondo dell’articolo 1

Fondare sul lavoro democrazia e Repubblica — ha ricordato Barbieri — aveva tra i presupposti principali e condivisi la capacità del lavoro di garantire lo sviluppo della persona, la libertà, l’uguaglianza e la giustizia.” Una scelta non casuale, frutto di una mediazione tra le diverse forze presenti all’Assemblea Costituente, che consideravano il lavoro non solo fonte di reddito, ma elemento di coesione sociale. Oggi, tuttavia, “quel mondo è oggettivamente cambiato”: la promessa che il figlio potesse vivere meglio del padre si è infranta, la sicurezza del lavoro è divenuta un miraggio, e il rapporto tra capitale e lavoro si è profondamente sbilanciato.

Crisi del lavoro, crisi della democrazia

Il numero di persone che ha bisogno di lavorare per vivere non è mai stato così alto come oggi”, ha affermato Maurizio Landini, “ma il lavoro ha perso la sua centralità nella politica, nella società e nella visione del futuro”. Una crisi che non riguarda solo il lavoro in sé, ma anche la democrazia: “Oggi la democrazia non è più fondata sul lavoro, ma sul mercato”, ha denunciato il leader sindacale. Le garanzie conquistate nel Novecento dal movimento operaio sono state erose da trent’anni di politiche orientate alla liberalizzazione, alla flessibilità, alla precarietà.

Giulio Sapelli, da par suo, ha inquadrato il problema in una prospettiva storica: “Siamo immersi in un mondo che conosce una sola dimensione, quella liberista, dove la valorizzazione capitalistica ha preso il sopravvento su ogni altra logica”. Ha poi sottolineato come la globalizzazione, intesa come centralizzazione del capitale e deregulation, abbia minato la consapevolezza collettiva dei lavoratori: “Oggi quello che è in crisi è la consapevolezza dei lavoratori di se stessi”.

Una nuova soggettività del lavoro

Per entrambi i relatori è evidente la necessità di ricostruire una “soggettività del lavoro”, che non sia solo reazione alla precarietà ma progetto di trasformazione. “I diritti non sono mai stati regalati — ha ricordato Landini — ma conquistati con l’organizzazione collettiva”. E proprio in questa direzione si inserisce l’iniziativa della CGIL che ha promosso una serie di referendum abrogativi per cancellare leggi che hanno precarizzato il lavoro. “Non è un voto per un partito — ha detto — ma un voto per i diritti delle persone”.

Una mossa “straordinaria” per un sindacato, ma resa necessaria dalla scomparsa di partiti che si facciano realmente portatori del punto di vista del lavoro. “Oggi — ha aggiunto — non c’è più neppure una forza politica che esplicitamente rappresenti il lavoro”.

Ripartire dal lavoro per cambiare modello sociale

Nel cuore del dibattito si è fatta largo l’idea che ripartire dal lavoro significhi non solo difendere salari e tutele, ma mettere in discussione il modello sociale stesso. “Ripartire dal lavoro — ha spiegato Landini — significa mettere al centro la persona, rifiutare che il profitto e il mercato siano gli unici valori. Serve un modello fondato sulla solidarietà, sul senso del lavoro e della produzione”.

Anche Sapelli ha sottolineato la necessità di ripensare l’organizzazione economica dal basso, valorizzando esperienze alternative come le cooperative e i beni comuni. “Bisogna ricominciare da dove Pellizza aveva pensato: rappresentare il lavoro come una marcia, una conquista quotidiana.

La sfida della rappresentanza e la necessità di agire

La crisi dei partiti ha lasciato un vuoto politico, teorico e culturale che il sindacato, almeno in parte, sta cercando di colmare. Ma la sfida non può essere solo di rappresentanza: deve diventare capacità di proposta, di costruzione di alternative, di mobilitazione. “La lotta di classe è ancora attuale — ha ribadito Landini — si fa attraverso gli scioperi, la contrattazione, l’organizzazione.

Di fronte a una crisi che intreccia precarietà, intelligenza artificiale, disuguaglianze crescenti e minacce ambientali, il lavoro può tornare a essere il fondamento della democrazia. “Abbiamo bisogno — ha concluso — di un modello che assuma valori alternativi al profitto, e abbiamo bisogno del coraggio di provarci, anche senza la certezza di vincere. Perché non provarci significa aver già perso.”

Volpedo come luogo simbolico

Il saluto conclusivo dell’avvocato Balossino ha richiamato il valore del luogo scelto per l’incontro: Piazza Quarto Stato, dove il lavoro è rappresentato come marcia e come dignità. “Non dobbiamo rassegnarci all’incertezza, ma ripartire dal pensiero e dall’azione.”

Il convegno si è chiuso così, tra applausi e riflessioni, con la consapevolezza che la Repubblica, per essere davvero democratica, deve tornare a essere fondata sul lavoro. Non come retorica, ma come orizzonte concreto di giustizia, uguaglianza e libertà.


Foto: ANPI Tortona

Questo articolo è stato scritto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale sulla base del video realizzato da Sabrina Prato, la nostra Country lady.

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