Campagna di Russia – La lezione dell’ex all’IIS Marconi di Tortona

Con la lezione sulla la storia “di chi c’era” tenuta da Marcello Vaccari, si è concluso il ciclo “Incontri con la storia”.

Gli Italiani partirono per il fronte russo con equipaggiamenti scadenti e le scarpe di cartone?” Falso.
I soldati italiani, brava gente?” Forse.
La Campagna di Russia è un momento di storia che merita di essere riscoperto?” Vero, verissimo!

Di questo è convinto Marcello Vaccari, ex-studente dell’I.I.S. Marconi, “malato di Storia”, come ammette lui stesso, salutando gli studenti della 5^AR Amministrazione, Finanza e Marketing nella stessa aula che lo ha visto sui banchi e questa volta, per qualche ora, in cattedra, “dall’altra parte della barricata”.

Con il suo intervento, venerdì 28 aprile, si è concluso, per questo anno scolastico, il ciclo di “Incontri con la Storia”. Appuntamenti con appassionati, collezionisti ed esperti pensati per incuriosire noi studenti e indurci ad approfondire, con spirito diverso, avvenimenti e circostanze storiche del ‘900 che hanno definito lo stato attuale del paese e la storia del nostro territorio, su cui sono state dette e scritte migliaia di pagine, ufficiali e letterarie, mentre altrettante, umili e segrete, attendono di essere svelate.

Come gli altri ospiti che si sono avvicendati da quando il progetto è stato avviato, Matteo Leddi e Corrado D’Andrea, anche il nostro ex-compagno di scuola-veterano, ha portato in classe oggetti, testimonianze e spunti, da raccontare e su cui farci riflettere. “La Storia è così com’è”.- ci ha detto – “A volte è davvero scomoda, ma bisognerebbe affrontarla da più punti di vista. Io raccolgo e custodisco le cose che trovo. Non cerco i cimeli o le dichiarazioni di qualche personaggio illustre, ma mi interessano le parole e i ricordi delle persone comuni”. Sfrondare gli eventi dalle retoriche di parte, dai vincoli delle interpretazioni divulgative o dai codici rappresentativi cinematografici può non essere facile. Proiettiamo ed ascoltiamo le testimonianze “di chi c’era”, un cappellano militare, un cavalleggero o un semplice fante, che i rigori dell’orso russo li hanno sentiti insinuarsi sotto il pastrano, dentro il cuore, in una marcia estenuante e infinita nella neve, nelle articolazioni necrotizzate dal gelo di quella terra così “lontana”, nelle
distanze geografiche e mentali, dall’Italia…

Tocchiamo con mano la gavetta, il necessario per ingrassare gli scarponi chiodati (di buon cuoio, non di cartone), ricucirsi strappi e bottoni (e salvarsi la vita); qualcuno di noi prova ad indossare parte del vestiario in dotazione (di ruvida, ma “onesta” e calda lana), soppesa la fatica di
marciare con uno zaino che ingombra, pesa, e contiene tutto l’indispensabile. No, davvero, come hanno fatto a sopravvivere a quest’esperienza?
Tra i sopravvissuti, tra quelli che riuscirono a tornare (gli ultimi prigionieri negli anni ‘50!) non furono pochi quelli che presero coscienza di chi fossero i veri “nemici”, e che, arrivati in Italia, imbracciarono di nuovo il fucile e si unirono alla Resistenza. Altri non tornarono, neppure le loro spoglie, dispersi, morti per congelamento o caduti eroicamente, secondo un’etica dignitosa e antica che proprio quella guerra avrebbe
beffato e tradito. Così, reperti di equipaggiamento, oggetti personali, foto, cifre e dati tratti dai registri di approvvigionamento, ci parlano di logistica militare, di ideali morali e magari religiosi, di coraggio e di umane paure. L’ufficialità dei dati ci ricorda alcuni dei protagonisti di questa tragedia che è stata la Seconda Guerra Mondiale: i soldati e gli ufficiali della Divisione Acqui, sterminati a Cefalonia dai nazisti della Jäger-Division Wehrmacht dopo l’armistizio di Cassibile, i cavalleggeri del “Savoia”, che affrontano le mitragliatrici russe a Isbuscenskij, il contingente della Divisione “Pasubio” o ancora il “mitragliere di ferro”, il catanese Rosario Randazzo, dell’80° Reggimento “Roma”, un eroe (o un folle, secondo alcuni), Medaglia d’Oro al Valor Militare che a Gorlovka, mutilato di un braccio e ferito, continua a usare la mitragliatrice (… con i denti!) per non venire meno all’ordine di proteggere dalla ritorsione gli abitanti del villaggio vicino, ma migliaia di loro restano senza identità ricordata.

Vite offerte o spezzate, figure esaltanti o anonimi caduti, eroi celebrati o disertori volutamente dimenticati, soldati italiani dell’Armir, soldati tedeschi, russi; civili…
Frammenti di un dramma troppe volte riproposto, sempre tragicamente presente nel palinsesto del Mondo, che dobbiamo rispettare e conoscere per non diventarne mai, a nostra volta, attori.

5^AR
Amministrazione, Finanza e Marketing

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