L’insostenibile leggerezza dell’odio –  Il fenomeno di distorsione della Shoah tra storia e attualità

L’articolo di Lucrezia Teti dell’Istituto Marconi di Tortona sull’incontro ospitato dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) di Ferrara.

Tortona, 31 gennaio 2022

“L’insostenibile leggerezza dell’odio –  Il fenomeno di distorsione della Shoah tra storia e attualità”

In occasione della Giornata della Memoria, la classe 2^AR dell’I.I.S. Marconi ha partecipato ad un incontro con il professor Michele Sarfatti, storico, e la professoressa Milena Santerini, Coordinatrice Nazionale Lotta Antisemitismo, istituita dal Consiglio dei Ministri, in collaborazione con Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI); ospitato dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) di Ferrara.

“…INERZIA
E DOLORE CHE LA MEMORIA LASCIA<
AL SUO SILENZIO SENZA IRONIA O IRA.”
Salvatore Quasimodo – Auschwitz

Le parole del prof. Sarfatti: la storia nascosta della Shoah

La storia dell’umanità batte viva nel cuore delle parole stesse: il termine Shoah risale all’ebraico biblico, e significa “distruzione, annientamento”. Gli ebrei sopravvissuti la indicano con l’iniziale maiuscola perché rappresenta la più grande tragedia della storia della popolazione ebraica.

La Shoah è infatti la peggiore catastrofe della storia, simboleggiata da Auschwitz, il cimitero più vasto del mondo: i membri della comunità ebraica entrano nel campo di concentramento con il capo coperto, esattamente come in qualsiasi altro cimitero.

Genocidio è invece un termine recente, comparso non a caso intono al 1940-1950: moltissimi ebrei, oltre ai 6 milioni dei campi di concentramento, furono uccisi in retate nelle boscaglie dell’est Europa, non circondati dalla tecnologia di cui faceva uso il governo nazista. Si può quindi affermare che la Shoah simboleggi tristemente allo stesso tempo il culmine della modernità e dell’arretratezza di quegli anni

Come storico, Sarfatti non definisce la Shoah come lo stereotipo del male assoluto, ma si attiene volutamente all’etimologia del termine: essa è infatti una tragedia, ovviamente generata dall’uomo, creatura che tuttavia è incapace di creare qualcosa di assoluto.

La Shoah non inizia contemporaneamente alla Seconda Guerra Mondiale, nel 1939, ma ha le sue prime manifestazioni nel 1933, ben prima della tristemente nota Notte dei Cristalli: è in quell’anno infatti che Hitler sale al potere e l’antisemitismo inizia a dilagare e a radicarsi nelle scuole, nei luoghi di aggregazione e di lavoro, nella città intere. Da questo momento si inizia a idealizzare il progetto di eliminazione degli ebrei dal Paese, ma quando il proposito si diffonde in tutta Europa, iniziano a scarseggiare i Paesi all’interno dei quali isolare gli ebrei, quindi si arriva alla conclusione di eliminare gli ebrei del Paese e dei Paesi: così inizia la Shoah, con il tacito consenso e l’implicita alleanza di tutta l’Europa.

È proprio il consenso il motore della Shoah e di tutte le tragedie del XX secolo: un consenso distorto, mal riposto, tacito, ma letale. Bisogna certo specificare che coloro i quali definivano il proprio consenso a Hitler non pensavano di star togliendo le erbacce dalla strada che sarebbe diventata quella per Auschwitz: la storia viene a nostra conoscenza solo dopo essere stata compiuta. È però altrettanto vero che il consenso sia cosa da dosare e riporre nei giusti luoghi: cosa particolarmente complicata ai tempi del post-crisi economica del 1929, tempi ancora pervasi dalla paura di una guerra da poco conclusa, delle dittature, dei regimi sanguinari, e di tutto il buio morale che già aleggiava sul ‘900.

Quanto all’Italia, anche se ci piace parlare della Shoah come di un evento cui abbiamo assistito come spettatori, è stata protagonista di questa tragedia: Mussolini, nonostante avesse disprezzato gli antisemiti sui suoi quotidiani, è stato il primo e l’unico in tutta Europa a emanare un Manifesto della Razza. Non siamo stati quindi passivi spettatori, ma attivi assassini.

Le parole della prof.ssa Santerini: la distorsione della storia e della memoria

Dice Santerini: ”Io non capisco la necessità di dover cancellare la memoria: mi fa sentire come se fossimo destinati a perderla, come se non si potesse fare nulla.

Io non voglio toccare la Shoah: non voglio né monumentalizzarla né sporcarla. Io voglio solo che rimanga nella memoria della storia, dell’umanità”.

La distorsione della Shoah al giorno d’oggi è sottile: è stata affinata dai mezzi di comunicazione, dal tempo che passa e sembra rendere questa tragedia sempre più lontana e distante da noi.

L’antisemitismo attuale non è palese ma subdolo e insinuante: si prendano ad esempio le varie battute associate al black humour, anche se humour non sono affatto, o le marce no-vax. I manifestanti di queste ultime si paragonano infatti ai prigionieri dei campi di concentramento, sfilando in una grottesca parodia della tragedia con tute a righe e stelle di David cucite o attaccate ai vestiti; forse però queste persone non colgono un sottile dettaglio: loro, a differenza degli ebrei e di tutti gli internati nei lager, non sono stati costretti a indossare quel marchio.

La creazione della distanza, favorita dai pregiudizi, è comunque il mezzo usato dai negazionisti di tutti i tipi per sottolineare la differenza tra “noi”, le vittime minacciate, e “loro”, i carnefici, i cattivi della situazione, gli untori.  Si cerca di isolare chi si ritiene pericoloso, proprio come si faceva allora con gli ebrei: si indirizza l’odio contro una categoria precisa e ben riconoscibile.

Mentre nella propaganda nazista gli ebrei venivano rappresentati come animali o persone che importunavano i bambini, ora la distorsione della realtà è appunto più sottile: si nega l’esistenza delle camere a gas e si tenta di insabbiare le testimonianze dei sopravvissuti. Inoltre, si è presa l’abitudine di celare dietro ad affermazioni apparentemente scollegate un residuo di veleno, di antisemitismo: si pensi alla costante condanna agli ebrei delle multinazionali (Soros) o allo Stato di Israele. Certo non si dice quasi più esplicitamente nulla contro gli ebrei, ma finché il pensiero rimane abbiamo un cancro che alligna nel seno della società. Se prima si cercava di estremizzare qualsiasi ideologia antisemita, ora che la tragedia è avvenuta, si tende a nascondere la realtà, si minimizza la tragedia, ma ciò non è assolutamente meno grave: è su questo che bisogna intervenire. Potevamo evitare la Shoah e non l’abbiamo fatto. Ora, assicuriamoci almeno di impedire che si ripeta.

Io vi chiedo quindi  – continua Santerini rivolta ai ragazzi – di non dimenticare e di non essere indifferenti nei confronti delle discriminazioni moderne, delle distorsioni, delle negazioni. Non cancellate la storia, perché ci si ritorcerà contro: la Shoah è una ferita alla nostra democrazia, alla nostra umanità. Non possiamo curare questo taglio, ma possiamo evitare di renderlo più profondo.

“L’INDIFFERENZA PORTA ALLA VIOLENZA, PERCHÉ L’INDIFFERENZA È GIÀ VIOLENZA
Liliana Segre

Lucrezia TETI
I.I.S. G. Marconi Tortona
2^AR Amministrazione Finanza e Marketing

Foto MEIS Museum on @Twitter