Circoli di pietra e tumuli in Etruria: racconti dei cerchi della morte

Un’immersione nella civiltà etrusca, evocato dai preziosi reperti custoditi nei Museo civico archeologico di Pitigliano e nel Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi” MuVet di Vetulonia.

 

Tortona, 31 gennaio 2022

I.I.S. Marconi Tortona partecipa al progetto “Beni Culturali. Il Cuore dell’Umanità”.

“Circoli di pietra e tumuli in Etruria: racconti dei cerchi della morte”

Incontro con le professoresse Rafanelli e Rossi a cura della Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali (SIPBC ONLUS).

Due relatrici d’eccezione, la prof.ssa Simona Rafanelli, esperta in Etruscologia e Archeologia Italica, docente presso l’Università degli Studi di Perugia, coinvolta in importanti progetti scientifici e culturali della Rete dei Musei di Maremma sulla digitalizzazione del patrimonio culturale materiale. e Direttore scientifico del Museo Civico archeologico “Isidoro Falchi” di Vetulonia e la prof.ssa Debora Rossi, già consulente scientifico presso la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, autrice di numerose pubblicazioni di topografia archeologica e oggi Direttore scientifico del Museo Civico archeologico della Civiltà etrusca “Enrico Pellegrini” e del Museo archeologico all’aperto “Alberto Manzi” di Pitigliano (GR), hanno accompagnato gli studenti dell’I.I.S. Marconi di Tortona in un’altra delle meravigliose escursioni nel patrimonio culturale italiano organizzate dalla Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali.

Il viaggio di oggi, seppure on line, è un’immersione nel mondo arcano e affascinante della civiltà etrusca, che viene evocato dagli echi e dalle vibrazioni misteriose che emanano i raffinati e preziosi reperti custoditi nei Musei Civici Archeologici di Pitigliano: Museo Civico Archeologico delle Civiltà etrusca “Enrico Pellegrini” e nel Museo Civico Archeologico all’aperto “Albero Manzi”.  

A questo apporto si unisce il contributo del Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi” (MuVet) di Vetulonia, dove sono conservati i reperti della tarda civiltà etrusca, ormai romano-etrusca (III-I secolo a.C.). Il museo è intitolato al medico Isidoro Falchi perché fu lui che, grazie al ritrovamento casuale di due monete etrusche, scoprì l’antica storia della città di Vetulonia. In questo modo vennero smentite tutte le ipotesi sulla collazione e il passato di questa ormai nota città toscana di origine etrusca. 

La civiltà etrusca, al picco della sua espansione (VIII secolo a.C.), era divisa in dodici città-stato, tra cui Vetulonia e Roselle, e si estendeva nel territorio di sei regioni italiane: Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Emilia Romagna e Lombardia.

La diffusione delle necropoli etrusche (IX-VI secolo a.C.) affonda le sue origini nella cultura micenea, che costruisce sepolture per personaggi di rilevanza sociale già verso il 1100 a.C., all’interno del circuito murario della città, ma già all’esterno dell’aerea abitativa.

Gli scavi effettuati da Falchi nel territorio di Poggio alla Guardia, tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, portarono alla luce le tombe a pozzetto, così chiamate per la tipica forma, caratterizzata da pietre infisse nel terreno e disposte in modo circolare, dette appunto circoli.

Come spiega la prof.ssa Rafanelli, grazie al contatto con la civiltà greca, gli Etruschi compirono un salto culturale importante, passando dalla cremazione e arrivando all’inumazione. Questo rito si attestò prima nel sud del territorio etrusco (Vetulonia), per diffondersi più tardi nell’area nord verso Volterra. Falchi arrivò a questa conclusione studiando attentamente i lavorati ed i  preziosi oggetti che venivano interrati insieme ai corpi per seguirli all’aldilà. I corredi funebri erano per tutti, a prescindere da età, genere e classe sociale dei defunti; tra i vari oggetti ricordiamo: infusi, collane, ferma capelli, piccoli tridenti, statuette di gnomi e scimmiette, figure di sirene, calderoni in bronzo, stoffe e monili.

È inoltre interessante osservare che le tombe non erano singole, ma familiari: ciò ricorda le  cappelle dei cimiteri moderni. Le uniche eccezioni erano le tombe dei sovrani o delle sovrane, sepolti da soli e circondati da cavalli e carri per simboleggiare la loro ricchezza ed il loro potere.

Falchi scoprì anche le tombe a tumulo, molto simili a quelle della civiltà micenea e costituiscono probabilmente l’evoluzione naturale della tomba a circolo: esse prevedevano uno sviluppo verticale con vere e proprie stanze in cui venivano deposti i corpi. La prof.ssa Rossi cita come esempi  la Tomba del Diavolino o la Tomba della Petriera (entrambe a Vetulonia). Quest’ultima ha addirittura due piani, frutto del lavoro di artigiani probabilmente siriani che lavoravano con una pietra tenera simile al tufo, il sassoforte, poiché la fragilità del materiale rischiava da far crollare la tomba essa fu in un secondo momento restaurata e venne aggiunto il secondo piano.

Nel medesimo sito sono stati rinvenuti molti oggetti che confermano l’influenza orientale, come collane e statuette di donne dalle fattezze asiatiche.

Poco distante da Vetulonia, a Marsiliana d’Albegna (GR), si ritrovano invece i circoli.  La città si sviluppò durante l’occupazione spagnola dell’Italia: Filippo II di Spagna fece dono della  tenuta di Marsiliana a Cosimo I de’ Medici, il quale la rese fiorente dal punto di vista economico e culturale. In questo territorio, grazie a Don Tommaso, nobile appassionato di archeologia, iniziarono i primi scavi che portano al ritrovamento delle tombe a circolo.

È quindi evidente l’influenza di Vetulonia sulle aeree circostanti: sono presenti infatti anche importanti corredi funebri, tra cui un pettine d’avorio e un alfabetario, che simboleggia la parità presente tra uomo e donna nell’antica civiltà etrusca, e che ci ha permesso anche di scoprire alcune curiosità sul complesso sistema linguistico etrusco: l’assenza della vocale “o”, l’incapacità di pronunciare la “b” e la conseguente sostituzione con la “p”.

Meritano di essere menzionati, infine, i siti di Cerveteri, nel Lazio, che rappresentano l’evoluzione e la fusione di tombe a circolo e a tumulo: anch’essi sono familiari ed organizzati a stanze.

Luoghi come i siti archeologici e i musei dell’Etruria sono patrimoni inestimabili e la loro conservazione integrale e contestuale sono una testimonianza della storia dei nostri territori e della cultura dei popoli che ci hanno preceduti.  Sono le basi della nostra attuale società e cultura, e saranno i pilastri portanti anche del futuro. Ricchezze come queste sono veri e propri patrimoni culturali, i fondamenti della nostra civiltà: è necessario conservarli, conoscerli e studiarli per il bene dell’umanità intera. Dimenticare è uccidere la cultura, è uccidere l’umanità.

Lucrezia Teti
I.I.S. G. Marconi Tortona
2^AR  Amministrazione Finanza e Marketing

Foto: DeAscuola.it